Giustizia per le stragi del profitto, dal ponte Morandi al Vajont

Giustizia per le stragi del profitto, dal ponte Morandi al Vajont

Loading

La ricorrenza. A Roma la protesta dei comitati delle vittime dei disastri ambientali e sul lavoro

La chiamarono, in modo sprezzante, la Cassandra del Vajont. Invece, Tina Merlin, coraggiosa e inascoltata giornalista de L’Unità, che per prima denunciò i rischi della mega-diga, aveva ragione. E il suo appello, scritto all’indomani della madre delle stragi – verificatasi, con quasi 2 mila morti, il 9 ottobre del 1963 tra Veneto e Friuli –, vale tuttora: «Oggi tuttavia non si può soltanto piangere. È tempo di imparare qualcosa». Ma non lo abbiamo imparato in 58 anni. Le stragi del profitto sono proseguite senza sosta. Moby Prince, Viareggio, ThyssenKrupp, Rigopiano, Eternit, Ponte Morandi, Mottarone, Terra dei Fuochi sono solo alcune di esse, senza contare i 772 i morti sul lavoro, in base ai dati dell’Inail, nei primi otto mesi del 2021.

IERI, A ROMA, PER DIRE «BASTA» alle morti per il profitto economico, ma anche per chiedere, senza retorica, che la giustizia non dimentichi e la politica lavori perché queste tragedie non accadano più, sono scesi in piazza Santi Apostoli oltre 60 associazioni di familiari di vittime di oltre cinquant’anni di stragi dell’ambiente e del lavoro.

PARENTI, AMICI, compagni e compagne di lavoro e di sventura si sono radunati attorno al comitato «Noi, 9 Ottobre» – nato un anno fa a Longarone (Belluno), città martire del Vajont – che ha organizzato la manifestazione in occasione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri industriali, istituita nel 2011.

VOGLIONO UN PROCESSO GIUSTO e, soprattutto, che lo Stato non si dichiari impotente quando di mezzo ci sono la sicurezza, la vita delle persone e delle comunità. E chiedono un vero riconoscimento dei diritti delle vittime delle stragi causate da attività economiche finalizzate al profitto (come, per esempio, il diritto di essere ascoltati in Tribunale come parte del procedimento) e portano avanti, con competenza, proposte per rendere migliore la giustizia in Italia, come sottolineato da Lucia Vastano dell’Associazione Cittadini per la Memoria del Vajont. I manifestanti sono scesi in piazza anche «per evitare l’esito inaccettabile della prescrizione» per reati di questo tipo. Un timore che testimonia la distanza che si frappone tra gli ostacoli, le peripezie e gli ostracismi della realtà da un lato e la realizzazione della giustizia e la ricerca della verità, dall’altro.

I PROMOTORI DEL COMITATO «Noi, 9 ottobre» sostengono, infatti, che la legge Cartabia non faccia «giustizia per nessuno e mette a rischio prescrizione molti processi», come, per esempio, quello di Rigopiano o quello per l’incidente ferroviario di Andria e Corato, o i tanti processi per l’amianto o gli incidenti sul lavoro.

«IL MANDANTE DI TUTTE queste stragi è il profitto – dichiara Daniela Rombi la vicepresidente dell’associazione «Il mondo che vorrei» che riunisce i parenti delle vittime della strage di Viareggio – perché i padroni vogliono guadagnare e risparmiano sulla sicurezza». E uno degli striscioni esposti durante il nutrito presidio recitava appunto: «Stop alle stragi del profitto. Questa economia uccide». In un altro: «Per ricordare tutti i lavoratori uccisi nel nome del profitto». E ancora: «La morte sul lavoro non è una fatalità ma un crimine contro l’umanità». Un concetto ribadito da Moni Ovadia, presente al sit-in, che ha sottolineato: «I morti sul lavoro non sono incidenti ma una mattanza. La dignità del lavoratore non può essere negoziata». In piazza anche Medicina Democratica e i familiari delle vittime del sisma che colpì Amatrice e altri comuni del centro Italia.

NEL POMERIGGIO, sempre nel centro di Roma, ma questa volta vicino piazza Campo de’ Fiori, hanno organizzato una assemblea stilando una mozione da sottoporre all’attenzione dei politici ma soprattutto del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nel documento preparato dal comitato «Noi, 9 Ottobre», oltre alla riforma delle norme che regolano i tempi della prescrizione per i disastri ambientali e sul lavoro, viene chiesta la modifica delle norme del Codice penale sul reato di disastro. E rivendicano la creazione di una Procura nazionale unica, una sorta di Superprocura come per la mafia, altamente specializzata per i disastri che riguardano reati sulla sicurezza del lavoro, ambientali, calamitosi e anche alimentari.

UN VECCHIO PALLINO del magistrato Raffaele Guariniello che guidò l’accusa nei processi contro l’Eternit e la ThyssenKrupp. I manifestanti riuniti nel comitato chiedono, infine, di modificare la legge n.101/2011 che istituisce la «Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali» eliminando la parola «incuria», che «minimizza le responsabilità». Sarebbe un primo passo verso la verità.

* Fonte: Mauro Ravarino, il manifesto



Related Articles

A Taranto non c’è nulla da festeggiare

Loading

ILVA. TARANTO. Città  e lavoratori restano in attesa degli investimenti del gruppo RivaIn questi giorni di festa, Taranto appare una città  del tutto ferma. Anestetizzata dal clima di festa e da un cielo plumbeo carico d’umidità  che accentua la sua secolare «mollezza».

Rischio Italia, crescono il potere dei mercati e la solitudine dello Stato

Loading

Spread. Mentre di giorno in giorno cresce il peso del «servizio del debito» sulla spesa pubblica del Paese. Soldi sottratti ai cittadini che finiscono nelle mani di chi compra il nostro debito

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment