«Il ritiro afghano è stato un disastro», l’autocritica anche da Londra

«Il ritiro afghano è stato un disastro», l’autocritica anche da Londra

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Dopo il rapporto-mea culpa di Washington, tocca al parlamento britannico elencare gli errori commessi un anno fa. Il premier Johnson e l’allora ministro degli Esteri Raab sulla graticola: erano in vacanza. Ma poco si dice delle colpe del 2001

 

I Paesi più bellicisti del dossier ucraino e quelli che più spendono per inviare armi a Kiev – Stati uniti e Gran Bretagna – hanno appena fatto i conti con parte della loro ultima guerra, conclusasi a Kabul il 15 agosto scorso con l’arrivo dei Talebani e una precipitosa uscita di scena dei loro marine.

A LEGGERE i due resoconti delle inchieste più recenti condotte sugli ultimi avvenimenti (di quello americano abbiamo dato conto nei giorni scorsi) c’è da domandarsi quale reale percezione Usa e Gb abbiano di cosa significhi un conflitto bellico, visto che entrambi i rapporti concludono che quel ritiro improvvisato fu un vero e proprio disastro.

Che, aggiungiamo noi, affondava le sue radici in un conflitto durato un ventennio e che si era accontentato di aver creato delle enclave dove comandava un governo corrotto retto solo dai finanziamenti stranieri. C’è da sperare non ci trascinino nel prossimo.

DELL’INCHIESTA del Comitato per gli affari esteri del Parlamento britannico ha dato conto tre giorni fa la Bbc. La sintesi della ricerca di un gruppo misto di parlamentari è impietosa e assai meno autoassolutoria (anche se meno profonda) di quanto non lo sia stata l’inchiesta a metà maggio dell’ufficio statunitense dello Special Inspector General for Afghanistan Reconstruction (Sigar).

Il ritiro del Regno unito dall’Afghanistan nel 2021 è stato un «disastro» e un «tradimento», con «fallimenti sistemici» di intelligence, diplomazia e pianificazione che, dice l’inchiesta diretta da Tom Tugendhat, ex militare del partito conservatore, danneggerà gli interessi della nazione per anni.

Non mancano note di colore visto che il rapporto ricorda come l’allora segretario agli Esteri e vicepremier Dominic Raab e il primo ministro Boris Johnson fossero in congedo quando i Talebani presero Kabul: «Una fondamentale mancanza di serietà in un momento di emergenza nazionale».

Un quadro che per il segretario agli Esteri ombra, il laburista David Lammy, «evidenzia la portata dell’incompetenza, della pigrizia e della cattiva gestione del governo». Anche se gli andrebbe ricordato che la fallimentare guerra afghana fu decisa proprio da un suo sodale di partito, il laburista Tony Blair.

BENCHÉ IL RAPPORTO si concentri soprattutto sul ritiro delle truppe in agosto (non sui motivi che portarono alla guerra e alla sua gestione), il bilancio torna comunque indietro nel tempo perché l’inchiesta sostiene che il governo britannico non è stato in grado di pianificare il ritiro benché fosse a conoscenza della decisione americana di lasciare l’Afghanistan già dal febbraio 2020.

Vi fu poi una «totale assenza di un piano per l’evacuazione degli afghani», evacuazione gestita malamente e su cui i vertici del ministero degli Esteri, non solo latitarono allora, ma avrebbero poi fornito al comitato anche «risposte deliberatamente fuorvianti».

SE LONDRA non è stata in grado di preparare ritiro ed evacuazione (viene da chiedersi se anche l’intelligence britannica – come quella americana – non sapesse, sottostimasse o avesse addirittura voluto ignorare la forza reale dei Talebani) il punto più interessante del documento riguarda il futuro.

I tentativi di isolare i talebani, dicono i parlamentari, possono solo peggiorare la situazione del popolo afghano, ridurre l’influenza del Regno unito e lasciare un vuoto che sarà riempito da potenze come la Cina mentre l’obiettivo principale della politica britannica in Afghanistan «dovrebbe essere ridurre l’impatto del disastro umanitario scatenato dal ritiro internazionale». Ritiro, dice ancora il Comitato, che ha «accresciuto la minaccia terroristica» dall’Afghanistan.

* Fonte/autore: Emanuele Giordana, il manifesto



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