Oxfam: diseguaglianze in crescita nei paesi poveri e anche in Italia

Oxfam: diseguaglianze in crescita nei paesi poveri e anche in Italia

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Al tempo della pandemia le ingiustizie sociali, fiscali e formative crescono soprattutto nei paesi poveri

 

La lotta alle diseguaglianze non rientra tra le priorità del prossimo governo. Lo rimarca il rapporto di Oxfam e Development Finance International (DFI) che analizza le politiche fiscali, del lavoro e del Welfare (istruzione, sanità e protezione sociale) in 161 paesi durante il primo biennio pandemico.
Se i piani della nuova maggioranza su caro-vita e caro-energia non sono ancora noti, i programmi elettorali su politiche fiscali, del lavoro e della spesa pubblica non lasciano presagire «un potenziamento della portata redistributiva del nostro sistema fiscale, interventi robusti orientati a promuovere minimi salariali adeguati, contrastare la povertà lavorativa, ridisegnare un welfare pubblico universalistico».

Lo ha dichiarato Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia, secondo cui dovrebbe «destare allarme» la sottovalutazione dei divari economici e sociali che lacerano il paese.
Non è un mistero che la fissazione di un minimo salariale non sia mai stata una bandiera della futura premier, che, in una tappa della campagna elettorale a Cosenza, l’aveva definita uno «specchietto per le allodole». Per Meloni la misura sarebbe solo «un’arma di distrazione di massa», dato che gran parte dei lavoratori dipendenti – meno i tre milioni di esclusi – rientrano in categorie coperte dai contratti collettivi nazionali di lavoro.

L’Italia è uno di quei paesi analizzati da Oxfam che non hanno incrementato i salari minimi nel biennio 2020-2021. In questi casi la povertà lavorativa ha raggiunto livelli record, mentre oggi l’impennata dell’inflazione erode il potere d’acquisto dei lavoratori. Per di più nelle economie avanzate come gli Stati Uniti dove esiste, il salario minimo federale è rimasto invariato dal 2009.

Maslennikov si dice «preoccupato» anche delle sorti del reddito di cittadinanza «che invece di essere reso uno strumento di contrasto alla povertà più equo ed efficiente, rischia la cancellazione». In realtà la misura, potrebbe essere neutralizzato. Nei piani di Meloni verrebbe riconosciuta solo agli over 60 privi di reddito, agli invalidi, alle famiglie con minori a carico. La metà degli attuali percettori – chi ha tra i 18 e i 59 anni ed è in grado di lavorare – sarebbe invece tagliata fuori.

Preoccupano le politiche fiscali annunciate dalla prossima maggioranza. Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega avrebbero tre progetti diversi di «Flat Tax» ad esempio. A tale proposito Oxfam chiede invece di cambiare politica e di «tassare i ricchi». Questo non è avvenuto nel corso del biennio pandemico 2020-2021 quando i governi hanno rifiutato di incrementare l’imposizione su redditi o patrimoni più elevati e tassare in maniera straordinaria gli extra-profitti delle multinazionali del settore farmaceutico o del commercio online. Risorse importanti che oggi potrebbero aiutare chi subisce i colpi più duri della crisi.

In Italia gli interventi di «Welfare emergenziale» hanno attenuato temporaneamente l’esplosione delle disuguaglianze, senza però cambiare la situazione. In 77 paesi a basso reddito su 161 analizzati da Oxfam gli interventi si sono rivelati inadeguati. La spesa sanitaria e sociale è stata tagliata in metà dei casi e il 70% dei paesi hanno ridotto quella dell’istruzione. Una decisione presa per non incidere sui debiti pubblici i cui interessi sono difficilmente rimborsabili in momenti di crisi come questi.

«Per ogni dollaro speso per la sanità pubblica i paesi in via di sviluppo spendono quattro dollari per ripagare i propri debiti contratti in prevalenza con ricchi creditori esteri – sostiene Matthew Martin, direttore del DFI – Vanno garantiti un’immediata sospensione del servizio del debito e favoriti accordi equi per una sua ristrutturazione».

* Fonte/autore: Giulia D’Aleo, il manifesto



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