Sindacati. Serve un po’ di coraggio per scioperare: lo chiede la piazza
Le piazze piene e rabbia dei lavoratori sono incompatibili con tattiche attendiste. Cgil e Uil non inseguano la Cisl che non arriverà mai allo sciopero generale
Più di qualche sindacalista confederale ha polemizzato con l’espressione «mobilitazione blanda» utilizzata fin da marzo dal manifesto per descrivere le decisioni di Cgil, Cisl e Uil. «Ma non vedete che le piazze sono piene?», è il refrain.
Come è evidente alla logica, le due cose non sono in contrapposizione. Anzi.
La mobilitazione decisa è «blanda» perché è senza scioperi, come invece è accaduto e accade in mezza Europa, perfino nella (ex) socialdemocratica Scandinavia.
E proprio le «piazze piene» di Bologna, Milano e ieri Napoli dimostrano la voglia di farsi sentire dei lavoratori. La rabbia «di chi per vivere ha bisogno di lavorare» (Landini dixit) nel vedere il proprio salario fermo mentre l’inflazione – in gran parte figlia della speculazione delle imprese – colpisce soprattutto il carrello della spesa ha da tempo raggiunto un livello incompatibile con le tattiche attendiste.
Che la partita con il governo più di destra della storia sia lunga e complicata è chiaro a tutti. Ma non può essere una scusa per continuare «a preparare al meglio il consenso che servirà per far riuscire gli scioperi». Illudersi che la Cisl di Gigi Sbarra possa aderire a uno sciopero generale è un grave errore: il feeling con i ministri Salvini e Urso in questi giorni sta a dimostrare che a loro basterà sempre «un tavolo» – seppur inutile – promesso dal governo Meloni per evitare il conflitto.
Al classico «Che fare?» a cui siamo arrivati oggi, dopo i tre sabati di manifestazioni interregionali di maggio, va data una risposta all’altezza delle piazze riempite. A Cgil e Uil dunque serve un minimo di coraggio.
Lo stesso che hanno avuto gli operai della Fiom per scioperare a Pomigliano in questi giorni contro una azienda che si mostra diversa dal «modello Marchionne» ma lo perpetua aumentando i carichi di lavoro a cassa integrazione immutata. O i lavoratori delle tante aziende di Tlc – WindTre, Tim, Vodafone – che continuano a proporre tariffe sempre più basse che possono permettersi solo tagliando salari, diritti e posti di lavoro o inventandosi spezzatini per far tornare conti sempre più in rosso. O i lavoratori edili che hanno protestato contro l’addio alla rigenerazione urbana. O piloti e assistenti di volo delle tante compagnie low cost che continuano a sfruttarli.
Senza quello «sciopero generale» – che l’Usb terrà venerdì 26 – il rischio principale che corrono Cgil e Uil è di scollarsi sempre di più dai propri iscritti, inseguendo una quasi impossibile unità confederale.
* Fonte/autore: Massimo Franchi, il manifesto
Related Articles
Deutsche Bank, per salvarla una cura da cavallo con 18mila licenziati
Crisi Bancarie. La banca tedesca sempre più a picco dopo il caso Libor: tagli draconiani all’occupazione. L’istituto è finito anche nei Panama papers. Il piano di rilancio sembra piacere alla borsa
Fabbrica Italia, Fiat attacca Consob
Da Chrysler il 70% degli utili. Azioni privilegiate e risparmio convertite in ordinarie Nelle casse di Torino ci sono 12,8 miliardi mentre in quelle di Detroit sono 8
Corsa agli appalti per la ricostruzione le nostre imprese sfidano l’Est
L’Eni in prima fila. Scaroni: “In un anno saremo più forti di prima”. Tailandesi e turchi i concorrenti più agguerriti. Meno favorite le aziende cinesi