PER UN PICCOLO PAESE non sviluppato che da più di sessant’anni è oggetto di un feroce embargo e di politiche volte a isolarlo da parte della maggiore potenza mondiale, gli Stati uniti, è una bella vittoria. Ed è un sonoro schiaffo alla credibilità dell’attuale presidente Joe Biden che ha deciso per fini di politica interna, ovvero di cedere alla destra repubblicana, di mantenere Cuba nella “lista nera” – redatta a suo tempo da Donald Trump – dei «paesi che favoriscono il terrorismo».

Un paese terrorista che si propone di guidare la stragrande maggioranza della popolazione mondiale verso un futuro più inclusivo. Non male come ironia politica.

Il gruppo prende il nome dai 77 paesi che nel 1964 sono nati come una costola del Movimento dei paesi non allineati e che poi nel tempo si è allargato proprio per la sua condizione di liquidità politica. I governi dei paesi che lo compongono sono diversi, anche di molto, per linea politica, composizione, lingue, culture e alleanze internazionali. Il termine Sud Globale ( ex Terzo mondo) che li sussume indica che il loro minimo comun denominatore è la condizione di più o meno relativa esclusione dallo sviluppo. Dunque dal tavolo dei Grandi, siano essi gli originali 7 o gli attuali 20, ma sempre con un baricentro (in via di contestazione) nel Nord industrializzato. Li unisce la volontà di aumentare la capacità negoziale del gruppo in tema di questioni sostanzialmente economiche.

IN VARIE CIRCOSTANZE storiche li ha (molto) indeboliti la poca coesione interna e la difficoltà a trovare consenso su una linea che possa trasformare il numero in qualità politica. L’aggiunta della Cina, ha aumentato il “peso” ma reso più complessa la rotta del non allineamento. Nell’attuale congiuntura internazionale, nella quale si sta delineando una tendenza verso un mondo multipolare – contrastata da Usa e Nato – o comunque verso la formazione di diversi blocchi di potenze, si potrebbe presentare per la nebulosa del Sud Globale una finestra di opportunità per concorrere a un’alternativa di pace e sviluppo economico ecologicamente sostenibile.

Cuba è entrata nel G 77 nel 1971, prima ne era esclusa per l’opposizione di vari governi sudamericani satelliti degli Usa. Fin dall’inizio, per volontà di Fidel Castro ha rappresentato una colonna della linea di cooperazione Sud-Sud per contribuire a uno sviluppo inclusivo. La sua diplomazia ha dimostrato di avere prestigio e capacità di articolare consensi in scenari multilaterali di grande complessità. La solidarietà dell’Avana nella cooperazione medica (campagna contro l’Ebola, vaccini contro il Covid) e in caso di disatri naturali ha aumentato il prestigio dell’isola.

DATE QUESTE PREMESSE, la linea tracciata dal presidente Miguel Díaz-Canel nel convocare il vertice è necessariamente vaga: la necessità «di rinforzare la nostra unità e decidere azioni collettive e pratiche per far efficacemente fronte alle sfide contemporanee». Più concretamente il coordinatore della presidenza cubana Pedro Luis Pedroso segnala la volontà di «potenziare la posizione del Gruppo» nei processi negoziali intergovernamentali in corso in vista del vertice sugli Obiettivi dello sviluppo sostenibile (Ods) che si svolgerà a New York il 18 e 19 settembre e il Vertice del Futuro, previsto per settembre 2024. Dal punto di vista politico è prevista una Dichiarazione dell’Avana sulle questioni più urgenti delle relazioni internazionali contemporanee.

ANCHE DAL PUNTO DI VISTA organizzativo il vertice si avvia a essere un successo: vi partecipano vari importanti leader del subcontinente latinoamericano – i presidenti di Brasile (Lula), Bolivia (Luis Arce), Colombia (Gustavo Petro) e Argentina (Alberto Fernández), ma sarà assente il presidente messicano “Amlo” – di Africa e Asia, il leader palestinese Mahmud Abbas e soprattutto il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres.

* Fonte/autore: Roberto Livi, il manifesto