Le donne penalizzate sul lavoro anche se studiano di più

Le donne penalizzate sul lavoro anche se studiano di più

Loading

È il risultato dell’analisi fatta dall’Istat sui dati 2022. La sociologa Saraceno: «L’essere a bassa istruzione per una donna è cruciale perché la espone al rischio di non pensare neanche di cercare un impiego»

L’anno scorso, rispetto al lavoro, è cresciuto lo svantaggio per le donne rispetto agli uomini, per i giovani laureati del Sud rispetto al resto del Paese e per i ragazzi di famiglie con un basso livello di istruzione. A raccontarlo il report Istat «Livelli di istruzione e ritorni occupazionali. Anno 2022». Colpisce, in particolare, il divario femmine – maschi. La quota di donne tra 25 e 34 anni laureate è del 35,5% contro il 23,1% degli uomini, la maggior istruzione non si traduce in un vantaggio lavorativo: il tasso di occupazione femminile è molto più basso di quello maschile (57,3% contro 78%).

I differenziali occupazionali si riducono al crescere del livello di istruzione: 32,5 punti per i titoli bassi, 21 per i medi e 7,7 per gli alti. Anche le differenze con la media europea calano: per le laureate il tasso di occupazione è inferiore di 4,7 punti alla media Ue a 27 paesi, differenza pari a circa la metà per i titoli di studio medio-bassi. Lauree nelle aree scientifiche: la quota di uomini è al 34,5% mentre scende al 16,6% tra le donne. Lo svantaggio delle donne raggiunge il massimo nelle lauree Stem, cioè il settore con un alto tasso di occupazione (83,7% per i laureati nell’area socio-economica e giuridica; 86% per le Stem; 88% nell’area medico-sanitaria).

La sociologa Chiara Saraceno: «L’istruzione è essenziale per le donne per entrare e rimanere nel mercato del lavoro ma non è sufficiente per chiudere il gap con gli uomini. Questo in parte dipende dalla divisione del lavoro, dalla mancanza di strumenti di conciliazione dei tempi di vita e lavoro e da modelli di genere ancora rigidi. In parte dipende dal fatto che nonostante le donne abbiano chiuso il gender gap sull’istruzione dalla fine degli anni Settanta e oggi studino più a lungo dei loro coetanei, resta ancora una distribuzione nei percorsi di studio fortemente connotata in termini di genere».

Quindi è anche un problema da porre al sistema universitario: «Alcune facoltà si sono desegregate – spiega Saraceno – come Sociologia e più recentemente Economia. Altre no. Le lauree più deboli sul mercato del lavoro sono proprio quelle in cui c’è maggiore concentrazione femminile, anche perché i lavori percepiti come femminili spesso sono svalutati, come il lavoro di cura o l’insegnamento. Settori invece che andrebbero valorizzati. Il fatto che solo il 16% scelga le lauree Stem è una condizione tutta italiana. Da noi persiste lo stereotipo che le materie scientifiche non sono adatte o non piacciono alle donne. Questo rafforza i pregiudizi a cui vanno incontro quelle che rompono gli schemi, esiste infatti il timore che i colleghi non le accettino. Anche quelle che hanno una formazione scientifica poi si ritrovano messe in secondo piano».

La condizione peggiora se si guarda ai livelli di istruzione più bassi: «Tra chi non cerca lavoro e non studia, sono di più le donne. Sono quelle su cui non si è investito in formazione perché, tanto, si sarebbero sposate. L’essere a bassa istruzione per una donna è cruciale perché la espone al rischio di non pensare neanche di entrare nel mercato del lavoro. Oltre che a uscirne se forma una famiglia perché ha un impiego non soddisfacente e molto poco remunerativo. Dipendenza dalla famiglia e rischio povertà sono le possibili conseguenze».

Come si esce da questa distorsione? «Bisogna lavorare sugli stereotipi a partire dalla scuola, ma anche nella comunicazione pubblica, e fare azioni di rafforzamento. Ad esempio, gli insegnanti di matematica non dovrebbero valorizzare solo i maschi ma cercare di interessare l’intera classe. Nel Pnrr c’era anche il contrasto agli stereotipi e l’incoraggiamento delle donne nelle materie Stem ma non so se questo tema sia poi sparito – conclude Saraceno -. Bisogna andare a pescare tutte le ragazze che abbandonano precocemente gli studi. Bisogna dare alle bambine l’idea che l’istruzione è fondamentale per la loro interezza come cittadine ma anche per le loro possibilità nel mercato del lavoro».

* Fonte/autore: Adriana Pollice, il manifesto

 

 

 

Image by cocoandwifi from Pixabay



Related Articles

Soluzione per 400 operai Embraco, saranno riassunti da due nuove aziende

Loading

L’accordo al dicastero dello Sviluppo con il ministro Calenda e i sindacati. Il sito industriale sarà rilevato da un’impresa israelo-cinese e un’altra torinese

«Con una manovra così la ripresa ce la scordiamo»

Loading

Intervista a Guglielmo Epifani Il governo vuole continuare da solo mostrando sempre le stesse carte: tagli ai Comuni, alla sanità , al welfare e negando qualsiasi investimento pubblico

Vendite Chrysler da record: a marzo +34%

Loading

Il gruppo Fiat compensa oltreoceano il crollo delle immatricolazioni in Europa  La casa di Detroit controllata dal Lingotto meglio dei concorrenti Gm si è fermata a +12 per cento e Ford a +9 per cento

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment