L’unico Giro che unisce la sinistra

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 MILANO.Cosa può trasformare un esponente della Cgil nel prototipo del rivoltoso per giusta causa che non si ferma nemmeno davanti alle «forze dell’ordine» schierate in assetto anti sommossa? Non la recessione mondiale, e nemmeno lo scandalo della manovra (per ora). La risposta giusta è: il giro della «Padania», la poco allegra pagliacciata a pedali organizzata dalla Lega con il benestare della Federciclismo.

La protesta a tappe che tallona i ciclisti professionisti che si sono prestati alla pedalata secessionista dovrebbe essere studiata da un’équipe di antropologi, sociologi, neuropsichiatri e aspiranti «movimentisti» che girano a vuoto e in tenda. Perché funziona – anche ieri è stato rovinato l’arrivo a Salsomaggiore – e perché bisognerà  pur azzardare un ragionamento se le cronache raccontano di un militante della Cgil che «travolge e getta a terra un carabiniere nel tentativo di sfondare un cordone di sicurezza». Sì, proprio sfondare. Lo hanno fermato, indentificato e rilasciato. Forse non era il caso di esagerare, un funzionario del sindacato di Camusso non è un black bloc.
Sembra una boutade, ma non lo è. Perché c’è di mezzo lo sport – che mai come in questo paese con la politica c’entra eccome – e perché a voler essere pignoli la pedalata «padana» si presenta come la peggior provocazione che si potesse mai concepire nel triste 150esimo anniversario della mai avvenuta unità  d’Italia. E i generosi contestatori avvolti nel tricolore, come quel 73enne savonese che l’altro giorno ha un po’ esagerato con il patriottismo, dovrebbero ricevere una medaglia al valor civile: la «Padania» ovviamente non esiste, e di conseguenza non dovrebbe esistere la corsa. Ci si potrebbe ridere sopra, invece sta andando diversamente.
Sarebbe ridicolo se la Storia ci venisse a raccontare che i primi sintomi di (chissà  quale) rivolta si palesarono nei pressi di Tabiano durante la tappa Lonate Pozzolo-Salsomaggiore. Stanno accadendo ben altre cose per cui varrebbe la pena forzare i cordoni, eppure ogni giorno (ma fra pochi finisce) si registrano incidenti con le «forze dell’ordine» per una questione che sembra sportiva ma è tutta politica. Come lo sono però tutte le uscite pubbliche razziste o secessioniste che da 20 anni, quasi senza alcuna contestazione vigorosa, vedono protagonisti politici e «popolo» della Lega. Perché solo adesso quasi le botte?
L’interrogativo dovrebbe interessare i vertici della cosiddetta sinistra antagonista, e anche del sindacato, considerando che raramente costoro si ritrovano insieme in una piazza con tanta forza e determinazione. Anche ieri, nell’Emilia «rossa», tanto per far venire i brividi di Moser che sa la prende ancora con i comunisti, Cgil e Prc e militanti vari hanno fatto bel casino.
E le polemiche montano. Sembra quasi che dietro questa strana contestazione si nasconda una frustrazione tra coloro che si stanno organizzano per una lotta assai più importante senza sapere «cosa» e «come» fare. Il Prc si capisce che ci ha preso gusto, per esempio. Ma la Cgil di Parma, che ieri era presente alla contestazione, in serata si è presa paura e ha licenziato un comunicato con toni che dovrebbero essere riservati a ben altri accadimenti, e di ben altrà  gravità . «Il coinvolgimento, in luogo diverso dall’arrivo della corsa, di un funzionario della Cgil negli episodi di colluttazione con i carabinieri rappresenta un fatto esecrabile, nel quale un dirigente dell’organizzazione non deve mai venirsi a trovare». E nelle «prossime ore» scatterà  un processo interno, «a tutela della reputazione dell’organizzazione». Esagerato, come tutto ciò che accade in questo straordinario giro della «Padania».
Ah, ieri ha vinto Sacha Modolo.


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