E sul salvataggio dell’euro Berlino rischia la crisi di governo

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Berlino – Se la salvezza dell’euro dipende dalla Germania, la salvezza di Angela Merkel, del suo governo dipendono da chi vincerà  la battaglia all’ultimo sangue esplosa nella coalizione sul futuro dell’Europa: tra chi dà  la priorità  pur senza eurobond al soccorso della moneta unica vista come bene comune e garanzia di pace, come dice la cancelliera. O invece alla difesa dei contribuenti ed elettori da troppi rischi e spese, come chiedono il Partito liberale (Fdp), partner di governo della Cdu della premier, la Csu bavarese, il presidente della Bundesbank Jens Weidmann. A Berlino il dramma dell’euro ha scatenato una interminabile notte dei lunghi coltelli nel governo. Oggi si vota nella capitale, il centrodestra va incontro alla settima disfatta dell’anno. E le sinistre democratiche all’opposizione (Spd e Verdi) in nome dell’europeismo offrono ad Angela Merkel l’appoggio esterno a un suo governo di minoranza, se la Fdp andrà  sotto la soglia di sbarramento o continuerà  nella sua svolta a destra. Ormai, la rincorsa degli umori populisti accosta quasi i liberali tedeschi alla Fpoe austriaca, che Haider trasformò in nuova destra euroscettica e xenofoba.
Ieri Angela Merkel ha schierato il suo uomo di maggior prestigio mondiale, il ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble, già  delfino di Kohl ed europeista da sempre. Che il vicecancelliere chiuda il becco su euro e temi europei, i quali sono di competenza della cancelliera e del mio ministero, ha detto Schaeuble nell’intervista che esce oggi su Bild am Sonntag. E’ stato un rimprovero senza precedenti contro il vicecancelliere, ministro dell’Economia e leader Fdp Philipp Roesler, il quale da giorni suggerisce l’uscita della Grecia dall’euro, esclusa da “Angie”, e tuona contro l’acquisto di titoli pubblici dei paesi Piigs. Ma in soccorso di Roesler è venuto il governatore della ricca Baviera, Horst Seehofer, massimo leader appunto della Csu bavarese: l’addio di Atene alla moneta unica per lui è una soluzione. E in un colloquio con Der Spiegel, il presidente Bundesbank Jens Weidmann ammonisce che rischi e somme pesantissime entrano in gioco.
Il governo vacilla, appare a un passo dalla crisi. Sui costi e le convenienze di un sì o un no al salvataggio dell’euro, élites e opinione pubblica si dividono. Gli economisti più vicini ai liberali ammoniscono, citati dalla Frankfurter Allgemeine, che tra denaro pubblico tedesco da versare al fondo Fesf e garanzie, Berlino rischia di sborsare 465 miliardi di euro, quasi metà  del bilancio statale. Sull’altro piatto della bilancia sono la realtà  che la moneta unica porta ogni anno alla Germania un punto di pil in più. E soprattutto i dati spaventosi pubblicati da The Economist: un crollo dell’euro porterebbe a una caduta del prodotto interno del 40-50% nei paesi periferici, e del 20-25% nei paesi centrali, prima di tutto la Germania il cui export crollerebbe con una nuova moneta troppo forte. Con la conseguenza di una disoccupazione di massa politicamente pericolosissima per la democrazia e la pace.


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