Un milione e mezzo di firme a Bruxelles

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«A nome di oltre un milione e mezzo di cittadini europei, chiederemo che venga riconosciuto il nostro diritto di palestinesi ad avere uno stato», dice al manifesto Tariq Shadid, promotore e portavoce della campagna. Da Ramallah, Shadid ha fatto tappa in Italia per partecipare alla conferenza stampa indetta al Senato mercoledì scorso dal Coordinamento nazionale campagna per il riconoscimento e dall’Associazione nazionale di amicizia Italia-Palestina. «Abbiamo cercato di fare una campagna europea per fare pressione sul parlamento europeo – spiega – in appoggio all’iniziativa di Abu Mazen all’Onu».
Su quali basii?
Secondo il trattato di Lisbona, se almeno un milione di cittadini europei provenienti da un numero «significativo» di stati membri invia una proposta alla Commissione europea, questa ha facoltà  di discuterne e deve dare una risposta. Così abbiamo preso questa iniziativa europea a carattere popolare e unitario per arrivare al riconoscimento di uno stato palestinese membro dell’Onu a pieno titolo, una iniziativa di importanza vitale non solo per i palestinesi ma anche per la pace in Medioriente.
Hamas e altre forze presenti a Gaza temono che tutto si trasformi in una trovata mediatica senza un’avanzata reale per i diritti dei palestinesi e per il ritorno dei profughi.
La nostra iniziativa è nata da un coordinamento della società  civile che lavora all’unità  di tutte le componenti palestinesi. Una cosa è il riconoscimento della Palestina a livello internazionale sulla cui utilità  siamo tutti d’accordo, l’altra sono le questioni interne, che esistono in qualunque popolo. C’è un accordo fra le parti per rimandare ogni discussione a dopo. Tutte le campagne di solidarietà  all’estero sono nel segno dell’unità . A quella per il riconoscimento hanno contribuito altre sei campagne, come quella del Bds, Boicottaggio disinvestimento sanzioni: una iniziativa promossa dalla società  civile palestinese per chiedere alla solidarietà  internazionale il disinvestimento dall’economia di occupazione, come contro l’apartheid in Sudafrica. Siamo uniti su questi obiettivi e su quelli generali. Siamo un popolo che merita di avere un suo stato indipendente, la nostra capitale è sempre Gerusalemme. Meritiamo la libertà  e continueremo a lavorare per la libertà .
Una grossa parte delle firme è stata raccolta in Italia. Cosa vi aspettate ora dai movimenti e dalla società  civile?
Per questa iniziativa, ho visitato 16 paesi europei. La maggior parte delle firme proviene dalla società  civile, ma anche da partiti politici e sindacati. Da nessuna parte, però, ho incontrato una solidarietà  così forte come in Italia. In Palestina conosciamo la vostra storia, le vostre squadre di calcio, abbiamo pianto un martire come Vittorio Arrigoni. Quello che ci colpisce invece è l’atteggiamento opposto tenuto dal governo italiano. Vi chiediamo di premere sul governo, di far sentire con forza la voce del popolo.


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