Atene e voto tedesco fanno paura Borse giù, bruciati 120 miliardi

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ROMA – Il tonfo elettorale di Angela Merkel e, soprattutto, le difficoltà  politiche della Grecia fanno colare a picco le Borse europee: in un giorno vengono “bruciati” oltre 120 miliardi. Milano da sola ne perde 9, lasciando sul campo il 2,74% del suo valore. Lo spread torna a volare: chiude a quota 428, ma durante la giornata arriva ben oltre 430. Quello tra i bonos spagnoli e il bund tedesco, dopo aver superato il record di 492 punti base, chiude a 476. L’euro scivola a 1,28 dollari, il minimo da gennaio. Poco prima delle 23 arriva un nuovo colpo da Moody’s che declassa 26 banche italiane. Tra le cause «il ritorno dell’Italia in recessione e le misure di austerità  del governo».
Preoccupati, i ministri Ue si riuniscono al capezzale di Eurolandia. Il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, avverte: «In molti Paesi cresce l’insofferenza verso la dittatura dello spread, vista come ostacolo alle aspirazioni dei popoli. I cittadini non accettano di pagare per scelte su cui non sono chiamati a decidere. Bisogna tutelare il sistema democratico dal continuo assalto della speculazione».
Ed è un altro lunedi nero, l’ennesimo. Sui mercati la tensione è palpabile: fin dalle primissime battute si capisce che è una giornata difficile. Non aiutano i guai dell’americana Jp Morgan, con tanto di intervento del presidente Obama perché sia riformata Wall Street. Alla fine, ovunque in Borsa prevale il segno meno: da Parigi (-2,29) a Francoforte (-1,94), a Londra (-1,97) fino a New York. Dappertutto soffrono le banche e a Milano Unicredit perde il 4,7%, IntesaSanPaolo il 3,55%. Su Piazza Affari pesa pure il dato record del debito italiano, (1.946 miliardi a marzo) e il calo delle entrate nei primi tre mesi (0,5%). Passa in secondo piano il buon esito di un’asta da 3,5 miliardi di Btp a tassi quasi invariati (3,91%). Ma ad Atene il rosso della Borsa supera il 4% mentre si intensificano le voci su una possibile uscita dall’euro. Il Cancelliere tedesco, Angela Merkel: «Credo che per la Grecia sia meglio restare nell’Eurozona». 
Anche Madrid fa un brutto tonfo: l’indice azionario perde il 2,66%, colano a picco i titoli bancari: Bankia, di recente semi-nazionalizzata, perde oltre l’8%. Proprio a questo tipo di operazioni guarda l’agenzia di rating Moody’s quando si dice timorosa che il sostegno del governo al sistema creditizio iberico possa indebolire i conti del Paese ancora di più. Il ministro spagnolo dell’Economia, Luis de Guindos, s’appella ai partner: «Ciò di cui abbiamo bisogno è la cooperazione dell’Eurozona». 
A Bruxelles, la crisi di Eurolandia e quella di Spagna e Grecia è al centro di un pranzo di lavoro tra il presidente della commissione Barroso, il responsabile della Bce Draghi, il presidente dell’Eurogruppo Juncker. Ne discutono i ministri dell’Ecofin. E oggi ne parleranno il premier Monti e lo stesso Barroso in un bilaterale, come pure Merkel e il presidente francese Hollande. Si cerca una via d’uscita, una soluzione condivisa che eviti quello che il belga Reynders definisce «un effetto contagio». Le mosse europee sono osservate a distanza dalla Casa Bianca che si tiene «in contatto costante» a qualsiasi livello e si dice «fiduciosa» che i Paesi Ue sapranno gestire la crisi. Ma il Wall Street Journal vede i problemi europei come una crescente minaccia per la già  fragile ripresa Usa.


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