Unicredit, Profumo a processo per frode fiscale

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MILANO – Non ha fatto in tempo a sedersi sulla poltrona di presidente del Monte dei Paschi di Siena, che subito è stato raggiunto da un rinvio a giudizio per falsa rappresentazione nelle scritture contabili e nelle dichiarazioni dei redditi di Unicredit. Ieri, il giudice per l’udienza preliminare Laura Anna Marchiondelli ha chiesto il processo per l’ex amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo per l’operazione “Brontos”, un marchingegno messo in piedi dalla banca con la consulenza della londinese Barclays per aggirare il fisco italiano. Secondo l’accusa del procuratore aggiunto Alfredo Robledo, la banca avrebbe iscritto a bilancio «alcuni proventi come dividendi invece che come interessi attivi, così conseguendo un’indebita esclusione dal reddito imponibile di una quota pari al 95% dei proventi, falsità  poi confluita nelle dichiarazioni consolidate di Unicredit, modello unico 2008 e 2009 per gli anni d’imposta 2007 e 2008, presentate rispettivamente il 26 settembre 2008 e il 28 settembre 2009». Il danno per le casse dello Stato italiano sarebbe stato di 245 milioni di euro. 
Il processo si svolgerà  a Milano e non come avevano chiesto le difese a Roma, Bologna o Verona, sedi di Unicredit. Il giudice per definire la sede del processo ha applicato il principio secondo cui il foro di competenza coincide con la sede dell’accertamento in quanto il gruppo nel calcolare quanto deve all’erario si avvale del consolidato fiscale. «Non esiste – scrive il giudice – un domicilio fiscale del consolidato fiscale, bensì tanti domicili fiscali, quante sono le società  partecipanti». E quando la regola del domicilio fiscale non è attuabile, si adotta il criterio del luogo di accertamento del reato. L’ultima cena di Profumo, che si dice certo del suo operato, si svolgerà  a Milano. La sua colpa sarebbe stata quella di aver firmato le richieste di approvazione dell’investimento il 1 marzo 2007, il 9 aprile 2008 e il 7 novembre 2008. Con lui, a ottobre, saranno a giudizio 16 manager di Unicredit e tre banchieri di Barclays.
La persona offesa dal reato è il ministero dell’Economia e delle Finanze, che al momento del deposito delle dichiarazioni dei redditi di Unicredit era guidato da Giulio Tremonti. Ma nel 2007 a dare fiducia a Profumo era stato proprio lo studio Vitali Romagnoli Piccardi e Associati, che nella sua carta intestata registrava in bella evidenza «fondato dal professor avvocato Giulio Tremonti». «L’operazione non pare connotata da elementi tali da determinare un «aggiramento» di obblighi», scriveva lo studio nel parere rilasciato il 30 marzo 2007 e in fotocopia per l’anno successivo. Ad aprile 2008, poi, Tremonti diventa ministro e a settembre nelle stanze di Unicredit arriva la Finanza. Dalla carta intestata dello studio sparisce il nome Tremonti: un primo parere del 23 gennaio 2009 è identico ai precedenti, mentre quello del 10 settembre 2010 cambia: «La vostra società  procedendo alla redazione della dichiarazione in linea con l’impostazione del Fisco, eviterebbe sanzioni tra il 100 e il 200%, la contrapposizione forte con l’amministrazione finanziaria, il danno della possibile reiterazione di un’azione penale e il danno reputazionale. Quindi è «prudente e corretto» pagare le tasse e poi chiedere «una motivata istanza di rimborso».


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