Zero numeri sulla 500L Né assunti a Pomigliano

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L’amministratore delegato di Fiat Chrysler non si sposta di un millimetro. «A Pomigliano non abbiamo discriminato nessuno, ogi depositiamo il ricorso contro la sentenza del tribunale di Roma. Se perdiamo, assumeremo 145 operai della Fiom ma altri 145 usciranno». Parla tardi Marchionne per poter riferire qui tutto, ma l’essenziale del suo discorso non cambia. «Non possiamo far scegliere ad altri chi fa le automobili«, chiude sottolineando tutte le difficoltà  del mercato italiano in cui la Fiat annaspa.
Marchionne parla al termine della presentazione della nuova Fiat 500L cinque porte che si aggiunge alla famiglia della fortunata berlina, ma l’aria che si respira nulla ha a che fare con il clima del lancio della piccola tre porte nel 2007. La crisi di vendite dei marchi italiani del gruppo, oggi così americano dopo il matrimonio con Chrysler nemmeno immaginabile cinque anni fa, hanno raggiunto un livello di guardia insieme ai dati di produzione dei quattro stabilimenti Fiat rimasti in Italia, dove il lavoro è sempre meno e la cassa integrazione avanza.
La Fiat 500L – una monovolume compatta – a suo modo è un altro simbolo di questa crisi. Il modello viene prodotto nella fabbrica di Kragujevac, in Serbia, e non a Mirafiori dove il piano quinquennale dell’aprile 2010 l’aveva destinata. Nelle speranze degli operai serbi e dei manager è un prodotto di volume, cioè da grandi numeri, esattamente quello di cui avrebbe bisogno Mirafiori, oggi cattedrale nel deserto con la sola produzione di Alfa Romeo Mito e aspettando per la fine del 2013 due suv con marchi Jeep e Alfa. 
Sempre che Marchionne confermi ancora l’investimento sullo stabilimento, dopo Pomigliano. Dove per ora sono stati riassunti meno della metà  degli operai che aveva prima, segno evidente che le vendite della Panda non vanno come previsto. 
A Kragujevac la produzione inizia oggi, ma Francois è molto avaro di numeri: nessuno sulla produzione a regime, se non che la fabbrzica ha una capacità  produttiva di 600 auto al giorno; nessuno sugli obiettivi di vendita. 
È un silenzio che suona male rispetto alla situazione del marchio italiano, proprio nel giorno in cui dall’America arrivano i dati della Chrysler: +20 per cento in giugno. E non sembra un caso nemmeno l’annuncio che anticipa la presentazione della 500L, secondo cui il gruppo acquista un altro 3,3 per cento di azioni Chrysler ancora in mano al fondo Veba del sindacato Usa, portando la quota Del Lingotto al 61,8 per cento.
La Fiat 500L è un progetto moderno, figlio della funzionalità . Olivier Francois, capo del marchio, sostiene che sono possibili 1500 configurazioni diverse, con spazi studiati per cinque passeggeri e bagagli al seguito. Tutto sembra riuscito (compreso una lunghezza di quattro metri e quindici, tollerabile pure in città  ), anche se rispetto alla concorrenza non aggiunge nulla di nuovo. 
L’auto va alla guerra dei mercati europei con le stesse armi, salvo capire se la domanda renderà  onore alle parole di Olivier secondo cui «tutti sanno fare auto funzionali ma noi le facciamo anche belle». 
L’anno prossimo sarà  declinata in versione per gli Stati Uniti, poi a trazione integrale e a sette posti. In America sarà  venduta dall’anno prossimo, affiancando le 500 berlina cabrio e Abarth per provare a fare quasi un marchio a sé, alla ricerca di un successo negato nel suo primo anno di vendite.


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