Operai angosciati: “Ci rubano la solidarietà  è come scatenare una guerra tra poveri”

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POMIGLIANO D’ARCO — Rabbia e dolore tra gli operai di Pomigliano. Divisi in due, quelli che lavorano e quando escono dalla fabbrica non parlano con nessuno, e quelli in cassa integrazione o in attesa di rientrare tra le promesse di Marchionne e le nuvole nere dell’economia che non riparte. Tutti con l’angoscia in salita, dopo l’annuncio dei 19 contro 19 arrivato ieri dal Lingotto. Gli iscritti Fiom entrano, altrettanti, scelti non si sa come, vanno in mobilità . Ieri al nubifragio meteo sullo stabilimento si è aggiunta la tempesta emotiva degli operai, messi gli uni contro gli altri dalla ferale notizia. «Quello che ci addolora di più è vedere che gli stessi con cui mangiavi a mensa e lavoravi 8 ore al giorno, ti scambiavi gli auguri e la cassata a Natale, ora ti evitano come la peste. Per forza: in fabbrica subiscono forme di mobbing continuo. Ci hanno rubato la solidarietà  e la coesione ». Carmen è tra i 19 iscritti Fiom riammessi dalla sentenza della Corte d’Appello a lavorare nella Fabbrica Italia Pomigliano, la newco nata dalle ceneri del vecchio Giambattista Vico, storico stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco.
Le tute blu sono stordite: «Così scatenano una guerra tra poveri », gridano. Ma molti non perdonano la Fiom, vedono il pomo della discordia in quella firma mai messa sull’accordo per la newco. Nei giorni scorsi in 1800 su 2145 hanno firmato la petizione per dire no allo “scambio” che si è poi prospettato ieri.
La giornata di Carmen fuori dallo stabilimento è movimentata quanto quella di un dipendente in servizio sulle linee della Nuova Panda, l’auto che doveva caratterizzare, nel piano industriale di Marchionne, lo stabilimento campano. Dopo un’assemblea in una sala comunale, a fianco di 160 colleghi, compresi quelli di altre sigle, Carmen ha preso il treno della Circumvesuviana per Napoli ed è andata in Cgil. «Sono arrivati a decine i fax sulla nuova sortita di Marchionne. Siamo ancora inebetiti e stiamo cercando di capire che cosa succederà . È anche un periodo di cassa integrazione, non possiamo fare blocchi ai cancelli, verrebbero presi male. Il timore è che ognuno dentro pensi “toccherà  a me?”. È l’ennesimo ricatto».
In Fip lavorano 2115, e 2000 in questo momento sono in cig. La sentenza di Roma riporterebbe in fabbrica il 29 novembre i primi 19, ed entro 170 giorni gli altri 126 ricorrenti. «Ma se Fiat agisce così fin da adesso — osserva Carmen — dimostra di non aver intenzione di ri-assumere. E noi non possiamo permetterlo. Le chiacchiere di Marchionne sono talmente tante che ormai l’unica paura che abbiamo è che diventino realtà : lo fa per creare attrito fra noi». Contro la Fiom si è schierato invece il sindaco di Pomigliano, Raffaele Russo del Pdl: «Siamo a un punto di non ritorno. Se avessero siglato l’accordo non saremmo in questa situazione — afferma il primo cittadino — Se chiudono lo stabilimento, saprò chi ringraziare: per me la Fiom rappresenta una palla di piombo al piede del movimento operaio». Di opinione contraria il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris: «Marchionne deve rispettare la Costituzione, la democrazia, le leggi — scrive su Facebook — Gli operai non si dividono e non si ricattano. Il sindacato non si ostracizza quando non risulta consenziente e asservito. Soltanto un miope padrone può comportarsi in questo modo. Il governo si deve opporre».
C’è poi chi ha cercato di mediare, intervenendo all’assemblea Fiom, come Gerardo Giannone, ex delegato Fim, test driver Fiat che attende di essere riassorbito con altri 2500 in Fip. «Dei 19 ce l’aspettavamo — commenta — sembra ormai una questione personale tra Fiom, giudici e Marchionne, nessuno fa un passo indietro e chi ci rimette sono i lavoratori. Chiedo alla Fiom di firmare l’accordo e tornare a fare sindacato tutti insieme».
Umberto Cesareo, 23 anni in Fiat, è fuori da due: «Si era detto che la Panda doveva farci lavorare tre turni al giorno, tutti. Io non ho fatto neanche un giorno di lavoro. Marchionne ci dice che la Fiat sta bene, io invece no: ho 4 figli e con 1200 euro al mese e gli assegni familiari non riesco a vivere. Parlano di file per comprare l’iPhone 5. Io non ho neppure i 25 euro per la ricarica di un cellulare d’antan». Contrari alla mobilità  anche gli altri sindacati regionali: Cgil Campania parla di “un ennesimo inaccettabile ricatto” e Fismic annuncia che non firmerà  mai «per avallare il licenziamento di 19 lavoratori». “Aberrante” viene definito dall’Ugl quanto accade a Pomigliano, «in casi come questi i giudici — scrive il segretario generale Giovanni Centrella — dovrebbero porsi il problema delle conseguenze». Luigi, 42 anni, sposato due figli, da 13 in Fiat, è uno di quelli che sono dentro la Fip: «Sono preoccupato, se non sono tra i 19 che escono oggi, sarò tra i 126 di domani? Pensavo di avercela fatta firmando il contratto per la Fip. Prima non sapevo se sarei stato assunto, ora non so se sarò licenziato. E se perdo il posto di lavoro, non farò distinzioni: spacco la testa a tutti».


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