In Europa 3 milioni di posti vacanti il lungo elenco delle offerte senza risposta

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ROMA — In Europa, considerando tale l’Unione a ventotto Stati, ci sono 3 milioni di posti di lavoro vacanti e 26 milioni di disoccupati. La domanda è tanta, l’offerta è poca, eppure le due strade non s’incontrano nemmeno quando potrebbero. Uno spreco di capitale umano e di produttività che – in tempi di crisi – sarebbe meglio evitare. A tenere il conto dei posti di lavoro che ci sono, ma non si vedono è uno studio di Adecco (primo gruppo nel mondo per la gestione delle risorse umane e prima «agenzia per il lavoro » in Italia) che fa riferimento alle stime ufficiali, ma anche ad una dettagliata ricerca sul territorio, prendendo in considerazione i posti che, nel 2012, sono rimasti inoccupati per almeno sei mesi.
Si va così dalle 46 mila offerte senza risposta registrate in Italia – la metà appena del «piccolo»Belgio – al milione e oltre di opportunità create sul fronte germanico. Dai 300 mila posti messi sul piatto dalla Francia ai 10 mila che anche la «povera» Grecia non riesce a coprire. Mansioni della più svariata natura, molte di alto livello, altre più strettamente tecniche tutte però riconducibili ad una manciata di settori di punta. Adecco sottolinea infatti come la potente Germania arranchi nel «reperire sufficienti talenti adeguatamente formati nel campo MINT: matematica, informatica, scienze naturali e tecnologia» per coprire 90 mila posti di elevato profilo. La Svizzera invece è scoperta soprattutto sul fronte sanitario: il 40 per cento degli incarichi ospedalieri è già ricoperto da cittadini stranieri. Ma accanto alle tendenze «top» si può costruire la lista del settori scoperti anche attingendo agli ultimi dati dell’«European vacancy monitor » che segnala le professioni che, nell’ultimo trimestre dello scorso anno, hanno ottenuto il maggior numero di assunzioni: dominano gli sviluppatori di applicazioni e software, ma conferma la leadership anche il settore sanitario (addetti alla cura delle persone, infermieri, tecnici medici e farmaceutici) seguito dall’istruzione (dagli insegnanti per la prima infanzia a quelli universitari) e dal segmento delle segreterie amministrative specializzate.
Ora, segnala Adecco, alla base del mancato incontro fra domanda e offerta c’è la carenza di elevati profili qualificati: «le aziende cercano persone molto qualificate, ma non offrono sufficienti opportunità di tirocinio e formazione». «L’istruzione ha un peso rilevante – sottolinea Federico Vione, amministratore delegato di Adecco Italia – il talento è la vera risorsa chiave per l’economia globale: i giovani devono investire sull’apprendimento e la formazione continua, aziende e governo devono aiutare mobilità e flessibilità sul mercato del lavoro ». Da un’indagine Adecco-Insead sulla capacità dei Paesi a costruire ed attrarre talenti (l’Italia è al 36esimo posto) emerge però che nella corsa dell’Italia pesa troppo la zavorra del «digital divide ». Inoltre c’è un numero «minacciosamente alto di giovani che termina il percorso di istruzione secondaria senza possedere sufficienti competenze linguistiche, matematiche, sociali e attitudinali al lavoro di gruppo»


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