« Piccole patrie » crescono, all’ombra della globalizzazione

« Piccole patrie » crescono, all’ombra della globalizzazione

Loading

Quanto sono grandi le pic­cole patrie? Nell’anno dei refe­ren­dum che potranno deci­dere delle sorti della Sco­zia nei con­fronti del Regno Unito, già certo lo svol­gi­mento della con­sul­ta­zione e la sua data, il 18 set­tem­bre, e della Cata­lo­gna verso la Spa­gna, qui invece le cose sono ancora in alto mare anche se alla Gene­ra­li­tat di Bar­cel­lona assi­cu­rano che si farà intorno a novem­bre, è dif­fi­cile non imma­gi­nare il futuro dell’Europa come una sorta di puzzle mul­ti­co­lore. O, peg­gio, come un risiko dalle fron­tiere poten­zial­mente incen­dia­rie. In realtà, le cose non stanno pro­prio così, anche se è evi­dente che qual­cosa, su que­sto ter­reno, sta acca­dendo. Accanto a movi­menti indi­pen­den­ti­sti e a «que­stioni nazio­nali» che hanno ormai assunto un pro­filo sto­rico — a titolo di esem­pio, la vicenda cata­lana ha attra­ver­sato l’intero svi­luppo poli­tico della peni­sola ibe­rica, ali­men­tando un’opposizione di massa al regime fran­chi­sta e uno dei pro­cessi di moder­niz­za­zione più riu­sciti degli anni della cosid­detta tran­si­zione demo­cra­tica -, l’età della crisi glo­bale sta for­nendo le basi mate­riali per lo svi­luppo di nuovi micro-nazionalismi «fai da te» come è il caso del «vene­ti­smo» cre­sciuto nell’ultimo ven­ten­nio all’ombra della rivolta fiscale e dell’egemonia leghi­sta sul Nor­dest.
Senza dover neces­sa­ria­mente tirare in ballo Zyg­munt Bau­man e quell’emergere del «locale» nell’era «glo­bale» che sarebbe, a detta del cele­bre socio­logo, una delle con­se­guenze mag­giori dei pro­cessi di glo­ba­liz­za­zione, è chiaro come prima la per­dita di signi­fi­cato, e di auto­rità, degli Stati nazio­nali e poi il mon­tare della bufera sociale della crisi, ha indotto molti a pen­sare che fosse venuto il momento di «deci­dere per sé», imma­gi­nando che per resi­stere alla com­pe­ti­zione inter­na­zio­nale e al cor­to­cir­cuito dell’economia finan­zia­ria, fosse meglio asse­starsi su di un ter­ri­to­rio ben defi­nito. Un clima che ha fatto fio­rire nuove «patrie», ma che ha anche offerto nuove chance ai vec­chi nazio­na­li­smi.
L’ultimo segnale che va in que­sta dire­zione è arri­vato solo negli ultimi giorni dalle ele­zioni ammi­ni­stra­tive fran­cesi. Per la prima volta un indi­pen­den­ti­sta ha con­qui­stato il comune di Bastia, men­tre le liste della testa di Moro sono andate molto bene anche ad Ajac­cio e Porto Vec­chio, gra­zie ad un pro­gramma che par­lava soprat­tutto di ripresa e svi­luppo. Del resto, solo qual­che mese fa, un altro dei movi­menti auto­no­mi­sti più attivi del ter­ri­to­rio Fran­cese, quello bre­tone, aveva cono­sciuto un nuovo exploit gra­zie alle mani­fe­sta­zioni dei bon­nets rou­ges, i ber­retti rossi scesi in piazza in tutta la regione per una mobi­li­ta­zione ini­ziata all’insegna della pro­te­sta con­tro il fisco e con­clu­sasi con una richie­sta di mag­giore auto­no­mia da Parigi. E la crisi eco­no­mica, ma in que­sto caso, almeno in parte, anche «lo scio­vi­ni­smo del benes­sere», sta spin­gendo la Nieuw-Vlaamse Allian­tie, la Nuova alleanza fiam­minga, il par­tito indi­pen­den­ti­sta delle Fian­dre il cui lea­der Bart De Wever è già diven­tato bor­go­ma­stro di Anversa lo scorso anno, verso un trionfo nelle ele­zioni poli­ti­che bel­ghe che sono fis­sate in con­co­mi­tanza con il voto euro­peo.
Senza doversi spin­gere neces­sa­ria­mente verso l’est dell’Europa dove — anche al di là del caso della Cri­mea e della spe­ci­fi­cità della crisi ucraina — il gioco delle reci­pro­che mino­ranze man­tiene aperti foco­lai di pro­te­sta, e di discri­mi­na­zione, in Unghe­ria, Roma­nia e Bul­ga­ria, il ritorno del tema dell’indipendenza nell’agenda poli­tica fa il pari quasi ovun­que con il pro­ce­dere della crisi. In Euskadi, dove la sini­stra indi­pen­den­ti­sta di Bildu ha con­qui­stato per la prima volta anche impor­tanti ammi­ni­stra­zioni locali, su tutte quella di Donostia/San Seba­stian, per­fino i demo­cri­stiani del Pnv, da sem­pre vicini alla Chiesa basca e alle ban­che della regione, non esclu­dono più la pos­si­bi­lità di refe­ren­dum sull’autodeterminazione. Que­sto, men­tre anche in Sco­zia l’orizzonte verso la pos­si­bile seces­sione si è fatto più netto dopo i grandi scio­peri e le pro­te­ste ope­raie degli ultimi anni. E ora, il lea­der dei nazio­na­li­sti Alex Sal­mond pre­senta il voto per l’indipendenza come la via per «dar vita ad una vera socialdemocrazia».


Tags assigned to this article:
movimenti indipendentistipiccole patrie

Related Articles

Trichet: “La Grecia non può uscire dall’euro”

Loading

Ma la Bce esclude la ristrutturazione del debito. Papandreou: a breve il piano privatizzazioni. Papaconstantinou scommette su una soluzione positiva: “I colloqui con Ue e Fmi vanno avanti”

Sirte, dopo 4 giorni di raid l’Isis è sempre lì

Loading

Libia. Nessun avanzamento dei miliziani governativi. Parlamento italiano spaccato sulla concessione delle basi agli Usa. Nel mirino non c’è solo l’eliminazione di Daesh ma l’arginamento del generale Haftar e degli interessi francesi

Spese militari e NATO, in campagna elettorale non se ne parla

Loading

In piena campagna elettorale, i principali partiti hanno tacitamente accettato gli ulteriori impegni assunti dal governo nell’incontro dei 29 ministri Nato della Difesa (per l’Italia Roberta Pinotti), il 14-15 febbraio a Bruxelles

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment