Obama ha ragione, non si cambiano i confini «con la pistola». Lo si è visto nei Balcani

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Gra­ni­tico, il pre­si­dente Obama appena arri­vato in Europa par­lando ad una assem­blea nell’antirussa Esto­nia, ha difeso il diritto inter­na­zio­nale e a Putin non gliele ha certo man­date a dire. «Non si cam­biano i con­fini con la pistola», accu­sando il pre­si­dente russo di soste­nere, a mano armata il sepa­ra­ti­smo dell’est Ucraina.
Sta­volta ha pro­prio ragione l’inquilino della Casa bianca. Ci dispiace per Putin. Con la pistola non si cam­bia nes­suna fron­tiera. Ci vuole ben altro. Lo sanno bene a Pri­stina dove hanno eretto una sta­tua in bronzo di tre metri che raf­fi­gura Bill Clin­ton nella prin­ci­pale piazza del nuovo Stato indi­pen­dente grande meno del Molise, in rin­gra­zia­mento della guerra «uma­ni­ta­ria» Nato.

Scat­tata dopo l’invenzione del casus belli dell’inesistente strage di Racak e la fuga della mis­sione Osce «stra­na­mente» a guida Usa. Una guerra Nato che ha soste­nuto gli ex ter­ro­ri­sti dell’Uck. E poi ha per­messo l’autoproclamazione d’indipendenza da parte di una lea­der­ship di cri­mi­nali — dice ora la com­mi­sione d’indagine Ue-Eulex — nel disprezzo degli accordi di pace fatti pro­pri dall’Onu e del diritto inter­na­zio­nale; ma sotto occu­pa­zione mili­tare della Nato e in pre­senza della nuova mega-base Usa di Camp Bondsteel.

Sì, ci è voluto ben altro che una pistola. Sono stati infatti neces­sari 78 giorni di raid «uma­ni­tari», su tutta l’ex Jugo­sla­via (In Ser­bia, in Kosovo e in Mon­te­ne­gro), 1.200 aerei impie­gati per un totale di 26.289 azioni di bom­bar­da­mento, die­ci­mila Cruise, 2.900 mis­sili e bombe. Ci sono voluti, nei 2.300 attac­chi, su 995 tar­get, 21.700 ton­nel­late di esplo­sivo, com­presi 152 con­tai­ners con 35.450 clu­ster bomb (quelle che, sospese a metà, tagliano la testa alle vit­time). Ed è stato ancora neces­sa­rio col­pire migliaia e migliaia di obiet­tivi civili (solo in Voj­vo­dina 3.650 strut­ture pub­bli­che danneggiate).

Così, per cam­biare i con­fini nei Bal­cani ed inven­tarsi un nuovo stato etnico, è stato neces­sa­rio ucci­dere qual­che migliaio di civili (le stime più atten­di­bili par­lano di 3.500), ferirne più di sei­mila gra­ve­mente. L’elenco degli ospe­dali bom­bar­dati, com­presi quelli psi­chia­trici e i cen­tri neo­na­tali è rac­ca­pric­ciante: otto solo a Bel­grado, due a Novi Sad, tre a Nis, quat­tro in Kosovo, tre a Valievo e avanti così, per un totale di 33 ospe­dali cen­trati più o meno gra­ve­mente. Le scuole-target sono 29, soprat­tutto ele­men­tari; 61 i ponti spez­zati, le strade, le infra­strut­ture, gli uffici pub­blici, le agen­zie turi­sti­che. 59 poi i mona­steri e i luo­ghi di culto distruttiai,15 musei e monu­menti sto­rici, 44 tra radio, tv e antenne abbat­tute, 24 sta­zioni fer­ro­via­rie, 41 di auto­bus e 14 aero­porti. Le fab­bri­che col­pite sono 121 (gran parte dell’apparato pro­dut­tivo andato in fumo) più 23 raf­fi­ne­rie e 28 cen­tri agri­coli. 19 le amba­sciate e le sedi diplo­ma­ti­che stra­niere danneggiate.

Ha ragione Obama, i con­fini non si cam­biano con la pistola. Ci vuole ben altro



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