«Gli onesti non appoggiano Renzi» Le parole di Landini, l’ira del Pd

«Gli onesti non appoggiano Renzi» Le parole di Landini, l’ira del Pd

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ROMA Il corteo della Fiom è appena partito da piazza Mancini. Bandiere rosse, un cartello con la scritta «Il futuro è solo l’inizio di un massacro». Il segretario Maurizio Landini si avvicina al microfono di SkyTg24 e attacca Matteo Renzi: «Deve rendersi conto che oggi il consenso di chi lavora, dei giovani che stanno cercando lavoro e delle persone oneste, in questo Paese, lui non ce l’ha». Persone oneste. Il primo a rispondere è il presidente del Pd, Matteo Orfini: «Dire che il governo non ha il consenso delle persone oneste offende milioni di lavoratori che credono nel partito». All’inizio Landini prova a minimizzare: «Non ho mai pensato, come mi viene attribuito da alcuni mezzi di informazione…». Poi, riviste le immagini, torna di nuovo davanti alle telecamere: «Se ho detto quella frase non rispecchia il mio pensiero. Se non sono stato chiaro me ne scuso e la ritiro». Gli chiedono se tutti attendevano una scivolata del genere. «Può essere — risponde lui — che qualcuno aspetti di vedere se uno la cavolata la dice. L’importante è avere l’onestà di riconoscere l’errore».
Caso chiuso? Neanche per sogno. L’innesco ormai è acceso e la questione va avanti per tutta la giornata, con tanto di hashtag #iosonoonesto lanciato su Twitter dai renziani. C’è anche chi paragona Landini a Berlusconi quando nel 2006 diede del «coglione» a chi avrebbe votato per il centrosinistra. «Io personalmente mi ritengo una persona onesta», dice il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi mentre il segretario della Cgil Susanna Camusso dice che è «solo una grande polemica». Matteo Renzi ricordando l’accordo chiuso a Trieste conia l’hashtag #bastainsulti e replica: «Lui ci insulta, noi portiamo a casa i posti di lavoro e continuiamo ad andare dappertutto,a incontrare i lavoratori, a visitare le aziende, a stringere le mani». Il governo gioca in contropiede. Il sottosegretario alla Pubblica amministrazione, Angelo Rughetti, dice di «non escludere» un incontro con i sindacati prima del 12 dicembre, data dello sciopero generale proclamato da Cgil e Uil.
Un tentativo per evitare in extremis la protesta. E anche una mano tesa per far scendere quella tensione fra governo e sindacati, che ha raggiunto il suo picco dopo la carica contro gli operai delle acciaierie di Terni di 20 giorni fa. Sembra difficile, però, che l’apertura di ieri possa portare qualche risultato. Lo stesso Renzi ha detto che il 9 dicembre, cioè quattro giorni prima dello sciopero, ci dovrebbe essere il via libera definitivo al Jobs act, la riforma del mercato del lavoro che, insieme alla legge di Stabilità, è al centro della protesta dei sindacati. Ieri il Jobs act è arrivato nell’aula della Camera: solo 200 emendamenti, forse il voto di fiducia non ci sarà.
Lorenzo Salvia


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