Sinodo. Il contro-vertice dell’«internazionale riformista» a Roma

Sinodo. Il contro-vertice dell’«internazionale riformista» a Roma

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Revi­sione dell’insegnamento tra­di­zio­nale sull’indissolubilità del matri­mo­nio, piena acco­glienza delle per­sone e delle cop­pie omo­ses­suali, defi­ni­tivo supe­ra­mento del divieto alla contraccezione.

Sono que­ste le tre prin­ci­pali richie­ste indi­riz­zate al Sinodo dei vescovi sulla fami­glia da parte di circa 50 orga­niz­za­zioni di base che da decenni riflet­tono e si impe­gnano per la riforma della Chiesa – una sorta di «Inter­na­zio­nale rifor­mi­sta» in ambito eccle­siale, che si ritro­verà a Roma da 20 al 22 novem­bre per un grande appun­ta­mento in occa­sione dei 50 anni dalla fine del Con­ci­lio (www?.coun?ci?l50?.org) –, riu­nite nel net­work euro­peo Church on the Move e nel movi­mento inter­na­zio­nale We Are Church (con sezioni in molti Paesi del mondo, fra cui l’italiana Noi Siamo Chiesa).

«Cre­diamo che l’indissolubilità del matri­mo­nio rap­pre­senti una rispo­sta per­so­nale al pro­fondo desi­de­rio di un mutuo e per­ma­nente amore, un amore per sem­pre», scri­vono le asso­cia­zioni in un docu­mento dif­fuso dall’agenzia di infor­ma­zioni Adi­sta. «Ma una revi­sione dell’insegnamento tra­di­zio­nale sull’indissolubilità del matri­mo­nio è neces­sa­ria e urgente», anche alla luce «dei limiti della per­sona umana che, per molte e diverse ragioni, può non riu­scire a per­se­guire l’obiettivo di vivere il pro­prio matri­mo­nio per sempre».

La solu­zione pro­po­sta non arriva da un altro pia­neta ma è nel solco della tra­di­zione della Chiesa cri­stiana dei primi secoli, ed ancora seguita dalle Chiese orto­dosse: ovvero «ammet­tere, dopo un ade­guato per­corso spi­ri­tuale oppor­tu­na­mente sup­por­tato, le cop­pie divor­ziate e rispo­sate civil­mente, a nuove nozze in Chiesa con valore sacra­men­tale». Una strada che fra l’altro con­sen­ti­rebbe anche di supe­rare il dibat­tito sulla que­stione dell’ammissione ai sacra­menti dei divor­ziati risposati.

Sul tema delle cop­pie omo­ses­suali – attual­mente «ban­dite” dalla Chiesa cat­to­lica – la posi­zione è netta: va san­cito «l’impegno della comu­nità cri­stiana non solo ad acco­gliere con spi­rito fra­terno sia le per­sone che le cop­pie omo­ses­suali ma anche a con­si­de­rarle pie­na­mente parte della Chiesa con ogni diritto e con ogni dovere e con la pos­si­bi­lità di con­tri­buire ad essa con le loro spe­ci­fi­che sen­si­bi­lità». «Ogni norma o prassi di discri­mi­na­zione nella Chiesa e nella società – pro­se­gue il docu­mento – dovrebbe essere con­tra­stata senza reti­cenze». Il divieto al ricorso alla con­trac­ce­zione arti­fi­ciale – come sta­bi­lito nella Huma­nae Vite di Paolo VI ed in altri docu­menti – va defi­ni­ti­va­mente supe­rato, chie­dono le asso­cia­zioni. È vero che nell’Instrumentum Labo­ris (la trac­cia su cui ini­zierà il con­fronto sino­dale) c’è «un blando rife­ri­mento al ruolo della coscienza davanti alle pre­scri­zioni dell’enciclica». Ma «ci sem­bra che si debba pren­dere atto che que­sto inse­gna­mento del magi­stero è deca­duto inte­gral­mente per man­canza di recep­tio, fin dall’inizio, da parte del popolo cri­stiano». E se il Sinodo non vuole pren­dere una posi­zione espli­cita, «potrebbe almeno tacere su que­sta que­stione. Il non par­larne sarebbe un modo, anche se non il migliore, per uscire dall’impasse in cui ci si trova e lasciare deca­dere del tutto que­sto atto del magistero».


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