Hollande sull’orlo di un suicidio politico

Hollande sull’orlo di un suicidio politico

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PARIGI François Hollande si è suicidato politicamente, con l’uscita del libro-confessione scritto da due giornalisti di Le Monde, come aveva fatto Dominique Strauss-Kahn in una camera d’albergo a New York nel 2011? Il caso è costernante: in Un président ne devrait pas dire ça… (ed.Stock), i due giornalisti di inchiesta Gérard Davet e Fabrice Lhomme riportano una serie di affermazioni a ruota libera del presidente che ribaltano l’immagine che Hollande si era costruito finora. Come in un’esplosione del rimosso, il finora “normale” Hollande passa dalle accuse ai magistrati “vigliacchi”, che “si nascondono”, a giudizi maleducati sulle sue donne (Trierweiler “donna infelice”, Julie Gayet descritta come smaniosa a fare la première dame, solo Ségolène Royal si salva), passando per posizioni molto lontane dalla tradizione del Ps, a cominciare dall’immigrazione, “troppi arrivi” o sui calciatori che dovrebbero “fare la muscolazione del cervello”. Nel Ps, tra i pochi sostenitori che gli restano, è il panico generale. Claude Bartolone, presidente dell’Assemblée nationale, si dice “stupefatto” e si interroga “se vuole davvero essere candidato”. Per il segretario Ps, Jean-Christophe Cambadelis, presentarsi “sarà più difficile”. L’ex ministro Emmanuel Macron, che aspetta il suo momento, ha precisato ieri che dirà a dicembre o a gennaio, se sarà candidato, per occupare lo spazio della socialdemocrazia, disperatamente vuoto a sei mesi dalle presidenziali. L’ex ministro Arnaud Montebourg, già candidato (che parteciperà alle eventuali primarie Ps a gennaio) ringrazia: “Sarkozy aveva screditato la funzione presidenziale, Hollande la abbassa, per noi è grasso che cola, grazie per il regalo!”.

Hollande ieri, di fronte all’indignazione del mondo giudiziario che si è sentito “umiliato”, ha affermato di “essere profondamente dispiaciuto”. Solo il giorno prima, con una mossa inabituale, i vescovi francesi si erano rivolti ai candidati all’Eliseo chiedendo loro di “ritrovare il senso della politica” di cui ha bisogno una società divisa, che soffre dell’”assenza di progetto o di visione a lungo termine”.
Grandi idee non sono uscite neppure dal primo dibattito in tv tra i sette candidati alle primarie della destra e del centro, che si svolgeranno il 20 e 27 novembre prossimi. Almeno, è stata rispettato un tono cortese tra i sette rivali, Sarkozy, Juppé, Copé, Kosciusko-Morizet, Fillon, Le Maire e Poisson. La Francia avrà probabilmente un presidente di destra, sperando che non sia di estrema destra, c’è ormai rassegnazione per la presenza di Marine Le Pen al ballottaggio. Sui temi economico-sociali, tutti i sei sfidanti Républicains (più Poisson, democristiano), condividono una svolta chiaramente a destra, facendo riferimento alle riforme di tipo thatcheriano con meno tasse e meno stato, divisi soltanto sull’intensità della medicina, tra chi si appoggia sul rilancio dei consumi e chi insiste sulla necessità di aumentare la competitività. E Juppé, che parte degli elettori di sinistra andrà a votare alle primarie per evitare Sarkozy, è tra i più thatcheriani.

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