Bergoglio: i centri per rifugiati sono i nuovi «campi di concentramento»
I centri per i rifugiati sono i nuovi «campi di concentramento», i migranti sono i martiri del nostro tempo. Lo ha detto ieri papa Francesco durante la veglia di preghiera per i «nuovi martiri» del XX e XXI secolo organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio nella basilica di san Bartolomeo all’Isola Tiberina.
Le parole non erano contenute nel testo dell’omelia consegnato alla stampa, sono state aggiunte a braccio dal papa, che ha preso spunto da un episodio durante la sua visita a Lesbo, quando incontrò un uomo musulmano la cui moglie, cristiana, era stata uccisa dai terroristi islamici. «Non so se quell’uomo è ancora a Lesbo – ha detto Francesco -, non so se è stato capace di uscire da quel campo di concentramento, perché i campi di rifugiati sono di concentramento. I popoli generosi che li accolgono devono portare avanti anche questo peso, perché gli accordi internazionali sembra che siano più importanti dei diritti umani».
E all’uscita dalla chiesa ha aggiunto: «Questa generosità del sud, di Lampedusa, della Sicilia, di Lesbo, possa contagiare un po’ il nord. È vero: noi siamo una civiltà che non fa figli, ma anche chiudiamo la porta ai migranti. Questo si chiama suicidio».
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Italia: è legge il decreto rimpatri, “norma ingiusta e inefficace”
Proteste dei reclusi in un Cie – Foto: altracitta.org
Il 2 agosto il Senato ha convertito in legge il “decreto rimpatri” che allunga da 6 a 18 mesi il limite massimo della detenzione nei Centri di identificazione e espulsione (Cie).
La legge – approvata con 151 voti favorevoli (Pdl, Lega Nord e Coesione nazionale), 129 contrari (Pd, Idv, Udc, Per il Terzo Polo Api-Fli) e nessun astenuto – di conversione (in .pdf) del decreto-legge prevede alcune piccole modifiche al testo iniziale del decreto-legge (in .pdf) ed entrerà in vigore il giorno dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della promulgazione da parte del Presidente della Repubblica. La legge, inoltre, estende da 5 a 7 giorni il termine entro il quale uno straniero deve lasciare il territorio nazionale su ordine del Questore, nel caso non sia stato possibile il trattenimento presso i centri.