Venezuela. A Lima vertice regionale contro Maduro

Venezuela. A Lima vertice regionale contro Maduro

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Il giorno dopo la manifestazione a Caracas a sostegno del presidente Maduro e dell’Assemblea Costituente (Anc), ieri sono state le opposizioni a lanciare l’appello per una nuova mobilitazione, dopo giorni di silenzio: a chiedere ai cittadini di scendere in strada in tutto il paese a mezzogiorno ora locale sono stati – senza riuscirci – i parlamentari delle destre, apparentemente in stallo dopo il voto per l’Anc e ora cacciati dalle aule del parlamento.

Al di là delle accuse di brogli rivolte al governo, la spinta propulsiva degli anti-Maduro sembra essersi spostata su altri piani: quello del dialogo con soggetti usciti dalle file chaviste (a partire dalla ex procuratrice generale Ortega Diaz che due giorni fa siedeva in pubblico con Capriles, leader della destra venezuelana e legato a doppio filo agli Stati uniti) e quello dell’isolamento dal mondo esterno.

Il pericolo per la rivoluzione bolivariana è serio: l’America latina trasformata dall’avanzata delle destre – dal Brasile al Messico – si accoda a Washington con poche voci fuori dal coro, facendo temere per un collasso della debole economia interna, appesantita dalla monocultura petrolifera (duramente colpita dal crollo del prezzo del greggio) ma soprattutto dalle sanzioni internazionali dirette a congelare proprio la principale fonte di sostentamento del paese primo produttore al mondo. Il rischio concreto è quello di un’implosione che aggraverebbe le già difficili condizioni di vita della popolazione, una spada di Damocle su Caracas per costringerla alla capitolazione.

Dopo la sospensione dal Mercosur, ieri a Lima si sono incontrati i ministri degli esteri di Argentina, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Guyana, Giamaica, Honduras, Messico, Panama, Santa Lucia e Paraguay con l’obiettivo di preparare una risposta comune a quella che definiscono la deriva autoritaria e illegittima del Venezuela.

Di fatto lo scopo è l’isolamento totale da parte di Stati che quella «clausola della democrazia» la pretendono fuori senza applicarla in casa, a partire dal capofila degli anti-maduriani, il brasiliano Temer. Lo stesso che ieri ha annunciato la chiusura del programma introdotto dall’ex presidente Lula di fornitura gratuita di 112 medicinali per malattie croniche, di cui hanno beneficiato da Lula in poi 38 milioni di persone.

A resistere è l’Ecuador che lunedì ha protestato per il congelamento del seggio venezuelano al mercato comune sudamericano, accusando i paesi responsabili di voler interferire nelle questioni interne di Caracas.

E mentre gli Stati uniti, dopo le sanzioni introdotte subito dopo il voto del 31 luglio contro personalità e enti legati al presidente Maduro, stanno pensando di bloccare gli asset di altre 20 persone ampliando così il raggio delle società a cui è impedito di commerciare con Caracas, interviene la Russia: ieri il gigante petroliero Rosneft ha fatto sapere di aver girato alla compagnia nazionale venezuelana Pdvsa sei miliardi di dollari.

Pagamenti anticipati per l’export futuro, per sostenere il paese alle prese con un debito estero stellare. La Rosneft ha aggiunto di non aver alcuna intenzione di lasciare il Venezuela: continueremo a lavorare lì, ha detto l’amministratore delegato Sechin.

È stata invece l’Onu ieri a denunciare «l’uso eccessivo della forza» da parte della polizia nei confronti dei manifestanti anti-governativi: di 124 decessi da aprile, 46 sono riconducibili – secondo le indagini dell’Alto Commissariato per i diritti umani – alle forze di sicurezza e 27 ai colectivos, gruppi filogovernativi.

Non dice, però, chi siano i responsabili delle altre morti, la metà se non di più visti i documenti video e foto: in buona parte dei casi è stato possibile accertare che a perdere la vita sono stati sostenitori di Maduro e chavisti, uccisi in piazza o in linciaggi e attacchi individuali da parte di membri delle destre.

Ieri, intanto, è stato rimosso dall’incarico e condannato a 15 mesi di prigione Ramon Muchacho, sindaco del comune di Chacao, a Caracas, per aver istigato proteste e blocchi stradali e disubbidito all’ordine del governo centrale di rimuovere le barricate.

La sentenza è stata emessa dalla Corte Suprema e segue ad altre 12 condanne simili, spesso partite dalle testimonianze e le denunce dei residenti dei comuni coinvolti.

FONTE: Auxilio Belano, IL MANIFESTO



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