GIUSTIZIA. Un punto sul caso Aldrovandi, il giovane morto a Ferrara

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(Il manifesto, 3 febbraio 2006)

Dopo oltre quattro mesi e un mare di polemiche, a Ferrara è ancora mistero

Perché è morto Federico Aldrovandi?

Le indagini sono state ferme per quattro mesi. Poi la famiglia è riuscita a riaccendere i riflettori. Oggi sfilano i testimoni in Procura, e succedono cose strane. Come un verbale che sembra ritoccato. Per tanto tempo si è battuta la «pista» della droga. E se la verità fosse un`altra?

Il dramma è piombato come un fulmine a ciel sereno, sconvolgendo l`ordine della tranquilla città di Ferrara. Il ragazzo è morto all`alba del 25 settembre, in strada. Sul posto c`erano quattro poliziotti, chiamati dalla gente del quartiere. Ma oggi nessuno ricorda nulla di quella notte

CINZIA GUBBINI

Via dell`Ippodromo a Ferrara è una strada molto stretta a fondo chiuso. Di giorno è spesso attraversata dalle biciclette, mezzo di trasporto prediletto nella città emiliana, persino adesso che la neve ha coperto tutto. Sulla sinistra c`è un giardinetto con le panchine di legno, i giochi per bambini e il cartello «Il parco è tuo, proteggilo». A destra, invece, le case. Tra le finestre di quelle case e il parchetto si contano ventotto passi. Federico Aldrovandi è morto qui, tra le 5,30 e le 6,00 di domenica 25 settembre, quattro mesi fa. E`questo «il film» che il vigile urbano Lino, padre di Federico, dice di voler vedere, «minuto per minuto». Chi era dietro quelle finestre, però, ricorda solo l`inizio del film, nonostante la trama sia piuttosto interessante. E` una storia di ragazzi e polizia, una storia di italianissima provincia. L`uomo che esce con l`immancabile bicicletta dalla porta della sua casa, proprio di fronte al cancello dell`Ippodromo dove Federico ha perso la vita, lo dice in modo gentile, nonostante gli abbiano rivolto la domanda decine di volte: «Non ho sentito niente quella notte, neanche mi sono svegliato. Eh sì, evidentemente dormivo pesante». A pochi centimetri dal cancello, un cartello blu: «Zona del silenzio» c`è scritto. Che ironia. «E lo sto andando a ripetere anche in Procura», aggiunge l`anziano signore. Da quando Patrizia, la madre di Federico, annientata dal silenzio calato sulla morte del figlio, ha deciso di aprire un blog su internet che ha fatto scalpore, sono di fatto riprese le indagini, con una nuova convocazione dei testi ascoltati nei giorni immediatamente successivi alla morte di Federico. Il pm cui sono state affidate le indagini, Mariaemanuela Guerra, è anche tornata anticipatamente dalle vacanze natalizie. Di nuovo sfilano i testimoni sentiti dalla polizia (che coadiuva la Procura nelle indagini) e gli amici di Federico, per ri-raccontare cos`è accaduto quella notte.

A Ferrara, però, si respira un`aria strana: tutto sembra procedere alla perfezione in questo piccolo tesoro d`Italia, che coniuga con eleganza cultura e benessere, perbenismo piccolo borghese e praticità contadina. Una città che non ama gli eccessi, gli scalpori e malsopporta qualsiasi tipo di tensione. Dalla piazza dietro al magnifico castello degli Estensi, la statua dell`illustre cittadino Savonarola, «flagellatore di vizi e virtù», punta il dito contro chiunque passi. Qui di questioni scottanti, che altrove chiamerebbero «scandali», ce ne sono come ovunque, non soltanto la morte di un diciottenne in circostanze strane: l`incompiuto ospedale di Cona (112 miliardi di vecchie lire già spese), episodi di malasanità, il progetto della costruzione del turbogas che non piace a una parte della città. Esistono circoli, gruppi che si riuniscono per discutere e contestare. D`altronde, è una città di sinistra. Ma tutto, sempre, senza alzare troppo la voce. La famiglia Aldrovandi, invece, ha gridato. Non è solo il Procuratore capo della città, Severino Messina, a non apprezzare il can can mediatico scatenato dall`iniziativa di Patrizia: «Tutti parlano della morte di Federico, ovunque, nei bar, nei negozi, per strada. Ma mormorando», spiega Elisa Corridoni, una delle giovani leve del Prc che insieme a molti altri ha aiutato gli amici di Federico a mettere su il «Comitato verità per Aldro». Ma quando Andrea, uno degli amici di Federico e attivista del Comitato, ha distribuito i volantini nella sua scuola – l`Itis frequentato anche da Federico – è stato rimproverato dal preside, perché «bisogna tutelare anche i ragazzi che non vogliono essere coinvolti nella vicenda».

Indagini ferme

Calcolare quanto fare pressione su una storia di questo tipo, in un contesto di questo genere, è molto complicato. Le indagini sono state praticamente ferme per quattro mesi: fino a qualche giorno fa le uniche deposizioni in Procura erano quelle delle persone trovate in casa dalla polizia che ha fatto un giro degli appartamenti quella domenica mattina. Negli ultimi giorni, invece, si va avanti a tappe forzate. Si è aggiunta, ad esempio, quella di Lucia, rintracciata però solo dopo tutti questi mesi e grazie al lavoro dei legali di parte – Fabio Anselmo e Riccardo Venturi – che sin dall`inizio si sono messi a caccia di testimoni. Una donna, Carla, era andata da loro a raccontare di aver incontrato nel suo negozio una conoscente – la famosa Lucia – che le aveva confessato di aver assistito alla scena: aveva detto di aver visto un poliziotto seduto sopra a Federico e di aver udito una poliziotta dire al suo collega «ma che hai fatto?». Lucia è stata chiamata pochi giorni fa dalla Procura, che finalmente ha convocato anche i genitori di Federico. In qualche caso, chi era stato sentito poco dopo la morte del ragazzo ha voluto ritoccare le sue dichiarazioni: come Andrea, l`amico di Aldro, che ha fatto mettere a verbale di aver parlato praticamente sotto choc la prima volta – gli agenti continuavano a domandare con una certa foga dove avessero comprato «la droga», ma non rispondevano alle insistenti domande di Andrea «ma cos`è successo, dov`è Federico?», finché qualcuno si è degnato di dire «è morto».

E a proposito del clima nei primi interrogatori, va segnalato che un altro degli amici interrogati, Paolo, quel giorno si rifiutò di firmare la sua dichiarazione e ne chiese la correzione. Sul foglio postogli sotto il naso, infatti, c`era scritto qualcosa come «Federico aveva trovato lavoro come Pony Express per pagarsi le dosi». «Ma io non ho mai detto questo», protestò Paolo: l`agente incaricata di redigere il verbale cercò di metterla sul «non sottilizziamo», ma il ragazzo fu irremovibile, e quella frase venne cancellata. O almeno, così si credeva, perché pare che nei verbali in mano alla Procura quella frase appaia tuttora, posta appena sopra la firma di Paolo. Se le cose stessero così potrebbe trattarsi di un`aggiunta maldestra, frutto del clima poco sereno in cui si stanno svolgendo le indagini. Ma sarebbe una mossa poco astuta, visto che Paolo aveva provveduto a far mettere a verbale dai suoi legali di aver fatto correggere la sua dichiarazione.

E solo negli ultimi giorni sono stati ascoltati i due barellieri e la dottoressa che arrivarono in viale Ippodromo chiamati dalla polizia. Eppure, i loro resoconti sono interessanti per verificare le dichiarazioni rese dai poliziotti. Sembra, ad esempio, che ci sia una certa divergenza di vedute rispetto allo stato di salute di Federico al momento dell`arrivo dell`ambulanza.

Parlano i barellieri

Secondo quanto dichiarato dai poliziotti l`intervento dei 118 viene chiesto non appena si riesce ad ammanettare Federico, che era talmente agitato da ingaggiare una lunga colluttazione con i poliziotti (tutti e quattro gli agenti intervenuti si fanno refertare, prognosi dai 7 ai 20 giorni). Eppure, secondo i barellieri – che arrivano cinque minuti dopo la chiamata della polizia – quando provano a scuotere il ragazzo steso a terra, non è più cosciente. Tre minuti dopo arriva una dottoressa, che prova ad applicare il defibrillatore. Tentano di rianimarlo, iniettando anche adrenalina in vena: il soggetto è giovane. Ma tutto è inutile: la morte di Federico viene dichiarata alle 6,35. Quando i sanitari domandano ai poliziotti cosa fosse accaduto, loro rispondono che il ragazzo dava in escandescenze e che, solo dopo averlo ammanettato, Federico si era accasciato a terra. Perché questa bugia, detta lì per lì? La ricostruzione fornita dai poliziotti, infatti è un`altra. Raccontano di essere intervenuti allertati dalla centrale della polizia che aveva ricevuto la chiamata di un`abitante di via Ippodromo, spaventata dalle grida di un ragazzo che «urlava come un matto». I primi due agenti che arrivano parlano di una persona davvero agitata, che salta e fa giri su stesso – mosse di karate, si direbbe, arte marziale che Federico studiava da sette anni. Appena arriva l`auto dei poliziotti, Federico prende a calci il paraurti. Per questo gli agenti arretrano di qualche metro e poi aprono le portiere per usarle come riparo. Ma Federico salta sul cofano della macchina, poi sul tetto, comincia a sferrare calci. Si sbilancia, finisce a cavalcioni sul finestrino, lo incrina e cade a terra. Questa sequenza, che ovviamente spiegherebbe l`ecchimosi sullo scroto rilevata dall`autopsia, non lo mette fuori gioco. Anzi, continua a sferrare calci contro la macchina, mentre i due agenti si rifugiano all`interno della vettura e arretrano ancora, chiamando rinforzi. Arriva quindi la seconda pattuglia (due agenti, un uomo e una donna). Federico insiste, cosicché i poliziotti si muniscono di sfollagente e escono dalle auto. I manganelli vengono usati per colpirlo alle gambe – assicura la polizia – e per difendersi dai suoi calci, che arrivavano anche all`altezza del viso degli agenti. Due degli sfollagente si romperanno all`altezza dell`impugnatura. Solo ad un certo punto il ragazzo si sbilancia e cadendo a terra trascina con sé un poliziotto, che così riesce ad approfittarne e ad ammanettarlo.

Dunque: Federico viene ammanettato quando è a terra disteso, e non quando è in piedi. Il particolare non è irrilevante, perché se qualsiasi poliziotto è pronto a dire che non ha senso chiamare i sanitari se prima non si è riusciti ad ammanettare una persona agitata, in molti storcono il naso di fronte alla scelta di schiacciare a terra una persona che – essendo sotto stress – potrebbe avere problemi di respirazione. E il motivo per cui bisognerebbe andarci cauti nell`atterrare bocconi una persona, è che se ne può provocare il soffocamento. Si tratta di un preciso caso di scuola nella medicina legale, studiato soprattutto negli Stati uniti. Lì la chiamano «Positional Asphyxia», asfissia da posizionamento, ed è stato oggetto – tra l`altro – di un numero del «Chiacago Police Department».

Aspettando la perizia

Cosa abbia ucciso Federico lo stabilirà, si spera con chiarezza, la perizia che verrà depositata il 27 febbraio. Ma intanto, chi è sicuro che i poliziotti abbiano fatto solo il loro dovere è Elio Graziano, il questore della città. Poliziotto di grande esperienza e con la fama di essere un democratico, medaglia guadagnata sul campo bolognese nell`epoca scura della Uno Bianca quando fu uno dei pochi a cercare di fare luce, difende i suoi ragazzi a spada tratta: «Sono agenti eccezionali». In effetti negli ambienti della polizia ferrarese i quattro poliziotti sono conosciuti per essere delle brave persone, soltanto di uno di loro – l`uomo che arriva con la seconda volante – si sussurra che sia un tipo irruento, ma non manesco. Tutti e quattro hanno una certa età, non sono insomma i «ragazzini» mandati a fare il lavoro di strada, che ogni tanto si macchiano di «sbavature».

Una cosa ha molto colpito il questore, invece, e riguarda la droga: «Sono rimasto veramente colpito di come gli amici di Federico riferissero con molta tranquillità di assumere stupefacenti il sabato sera. Così, senza consapevolezza. Questo è il problema, la realtà tragica che emerge: questa storia dovrebbe essere uno spunto per parlare di droga». E lo ripete, il questore, anche a proposito delle accuse della famiglia, che contesta la decisione di non aver chiamato immediatamente il 118: «Nel caso di una persona molto agitata, i sanitari non intervengono se prima le forze dell`ordine non sono riuscite a immobilizzarlo. Federico – conclude – quella sera dava in escandescenza. Non perché fosse un ragazzo aggressivo, ma perché purtroppo era sotto gli effetti degli stupefacenti».

La droga. Il fatto che Federico, quella sera, avesse ingoiato due trip al Link, noto spazio culturale bolognese, ha fatto da sottofondo sin dall`inizio a tutta la vicenda. Automaticamente tutti si sono convinti che l`assunzione delle pasticche spiegasse l`aggressività sviluppata da Federico alle cinque e mezza di mattina.

E se invece non fosse così? Perché Federico ha iniziato a dare in escandescenze quella sera? Perché urlava, e cosa urlava? Era da solo? Aveva incontrato qualcuno? Si sa soltanto che da quando gli amici lo avevano lasciato a diverse decine di metri da via Ippodromo, nel solito parcheggio, intorno alle cinque, Federico aveva fatto una serie di telefonate. Cercava i suoi amici, anche chi quella sera non era andato a Bologna con lui al Link. Non gli risponde nessuno, hanno tutti il cellulare spento.

Lsd, così gli avevano venduto quei due francobolli a Bologna. C`è un altro ragazzo che insieme compra gli stessi trip quella sera, ma su di lui non avranno alcun effetto. Forse Federico e l`amico hanno preso una «fregatura»: l`esame tossicologico, infatti, ha dimostrato che nel sangue di Federico non c`erano anfetamine. Risulta solo alcol (in quantità modesta, avrebbe potuto guidare), morfina e ketamina in piccola quantità. E` pur vero che la ketamina può scatenare reazioni incontrollate e aggressive, ma in genere a breve distanza dall`assunzione. Mentre Federico aveva preso i suoi trip da qualche ora, ormai. Dunque, cosa fa andare fuori di testa Federico? C`è qualcun altro che quella sera ha incontrato un ragazzo nei pressi di via Bologna, l`arteria che parte dalle mura della città e va verso la periferia, dove c`è anche la casa di Federico?

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