Yemen, l’ultima sfida di Saleh “Pronto a lasciare ma con dignità ”

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SANA’A – Il presidente yemenita Ali Abdullah Saleh, al potere da 32 anni e contestato da settimane da migliaia di persone che ne chiedono le dimissioni, è pronto a lasciare il governo ma «con dignità ». Lo ha riferito ieri la tv satellitare Al Arabiya, citando passi di un’intervista concessa all’emittente dallo stesso Saleh. Per tutta la giornata ieri sono proseguite le trattative fra Saleh e i militari che lo hanno abbandonato nei giorni scorsi per schierarsi al fianco dei manifestanti per discutere di una via di uscita alla crisi che paralizza il Paese da oltre un mese: ma l’accordo, dato per vicinissimo per tutta la giornata, non è stato trovato. Durante l’intervista Saleh ha affermato che l’opposizione ha alzato le sue richieste dopo l’avvio della trattativa sul passaggio di poteri, complicando quindi la situazione. Il quadro nello Yemen resta confuso: la situazione è precipitata dieci giorni fa, quando al termine delle preghiere del venerdì 51 persone sono state uccise dalle forze speciali fedeli al presidente. La maggior parte presentavano ferite alla testa, a indicare l’azione di cecchini. In seguito all’oltraggio provocato dall’azione, alcuni importanti leader tribali – una forza politica fondamentale in un Paese arretrato e tradizionalista come lo Yemen – hanno abbandonato il presidente. Lo stesso hanno fatto capi militari di primo piano come Ali Mohsen Saleh, fratellastro del leader e considerato un uomo chiave dell’esercito: è con lui che il presidente starebbe trattando direttamente l’uscita. Quello che non è chiaro è chi potrà  prendere il posto di Saleh, in una realtà  frammentata ed esplosiva come quella yemenita, che spaventa l’Occidente soprattutto a causa della presenza sul suo territorio di basi di Aqap, Al Qaeda nella Penisola Arabica, l’organizzazione che ha firmato diversi falliti attentati aerei negli ultimi mesi. Secondo un’inchiesta pubblicata ieri dal Washington Post, gli affiliati di Al Qaeda in Yemen potrebbero essere prossimi a lanciare un nuovo attacco terroristico. Ma gli 007 americani citati dal giornale avrebbero raccolto solo informazioni frammentarie sul complotto e non hanno dati sufficienti per lanciare un allarme pubblico che comporti la messa in atto di contromisure.


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