Senza parole

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Hanno un bell’inventarsi somme e sottrazioni Verdini e gli altri: non c’è calcolo che possa tornare, senza Milano. Milano dove tutto ebbe inizio, e dove tutto doveva franare per poter davvero terminare. Siamo al termine, infatti, e del resto non da oggi: negli ultimi due anni – quelli, sarà  un caso? dello svelamento del sistema di scambio fra sesso, potere e denaro, stranamente cancellato nei commenti elettorali – lo smottamento del consenso per Berlusconi è stato lento ma costante: alle europee del 2009, alle regionali del 2010 e oggi. Una crepa, due crepe, ma la frana di oggi vale doppio. 

Non solo perché era stato lui, Berlusconi, a stabilire la soglia delle 53.000 preferenze, non una di meno, per poter cantare vittoria contro «la sinistra sinistrata che altrimenti mi farà  il funerale». Ma perché nella sua narrazione incantatrice Milano era il set dove nel 2011 si sarebbe dovuto chiudere il cerchio della sua discesa in campo del ’94. Lì era nato con Mani pulite il protagonismo dei giudici, e lì doveva morire con i suoi comizi con la claque davanti al Palazzo di giustizia. Lì era nata la seconda Repubblica, e lì bisognava trarre la legittimazione elettorale per dare la spallata finale alla Costituzione. Lì era nato l’impero economico del premier-tycoon, e lì si poteva contare sul peso dei soldi per stracciare l’idealismo leggero di Pisapia il Rosso. Lì la sinistra era stata snaturata dalla modernizzazione degli anni Ottanta, e lì non sarebbe mai risorta. Lì la movida nei locali notturni aveva fornito alimento al bunga-bunga, e lì si poteva esser certi che una barzelletta idiota al giorno continuasse a nutrire in eterno il populismo sessuale del Grande Seduttore. 
Ma lì, invece di chiudersi, il cerchio s’è aperto. Inaspettatamente, o più decisamente di quanto ci si potesse aspettare: come capita quando davvero una tela si strappa e il mutamento precipita. E’ presto, s’intende, per cantare vittoria: le armate disperse della «nuova destra» che fu tenteranno di tutto per incollare i cocci nei pochi giorni che hanno davanti a Milano. E a Roma, le ripercussioni potranno accelerare ma anche, all’opposto, frenare temporaneamente la rotta della maggioranza. Però quel secco dimezzamento dei consensi milanesi non lascia spazio a molti dubbi: è l’incantesimo della persona che si è rotto, l’aureola del carisma, l’onnipotenza del Capo, l’identificazione nella virilità  dell’uomo. La bolla dell’immaginario che per un ventennio ha alimentato un trucco è scoppiata. Quando l’immaginario scoppia, capita che si resti senza parole. E’ per questo che Berlusconi non ne ha, e nemmeno gli sarà  facile trovarne.


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