La scure del Tesoro colpisce il Mezzogiorno tagli per 2,5 miliardi

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ROMA – E’ il colpo di coda del menu da oltre 40 miliardi che stanno allestendo al ministero dell’Economia. Ma forse il più doloroso, perché passa nelle pieghe di bilancio, e finisce ad impattare su sviluppo, investimenti, asili nido, strade e quant’altro. Soprattutto e particolarmente al Sud. Secondo le ultime indiscrezioni la manovra che sarà  varata giovedì prevede un taglio del 10% al Fas, cioè il fondo per le aree sottoutilizzate, ovvero 2,5 miliardi sui 25 di dotazione attuale.

Intanto si prepara il rush finale per la manovra del 2011 salita a 7 miliardi e nella quale, per il momento, non ci sarà  l’aumento dell’Iva. Il pacchetto unico del decreto da 43 miliardi resta pesante: pensioni, pubblico impiego, sanità  e farmaci, comuni, accorpamento di enti pubblici come Ice e Enit. Oltre alla delega fiscale che prevede 3 aliquote e cinque imposte.
Tornando al Sud, oggetto di proteste, spesso racchiuse dentro un acronimo noto solo ai pochi specialisti della distribuzione dei fondi per lo sviluppo, il Fas è molto più importante di quanto comunemente si creda. Intanto non ha nulla a che fare con l’Europa: l’unico momento di contatto è rappresentato dal fatto che la programmazione del Fas (fondo tutto italiano) viene fatta nello stesso documento che programma i fondi strutturali (fondi europei che si attivano con analoghi investimenti italiani), il cosiddetto “Quadro strategico nazionale”.
Glossario burocratico e sigle poco note nascondono tuttavia l’unica risorsa da destinare allo sviluppo e alle infrastrutture in Italia. Il fondo fu costruito e incastonato nel bilancio dello Stato (cioè si paga con la fiscalità  generale e non c’è bisogno di coprirlo ad ogni Finanziaria) da Prodi che lo dotò di 65 miliardi pluriennali. Cominciò lo stesso governo di centrosinistra ad attingervi (ad esempio per il museo Maxxi e lo snodo viario di Pontremoli), ma fu poca cosa. 
Il vero attacco al Fas fu fatto però con l’arrivo del ministro dell’Economia Tremonti. Con il decretone 112 del 2009 il Fondo fu spacchettato e destinato ad usi sempre più lontani da quelli originari. Come rileva un monitoraggio dell’ufficio studi della Uil, 12 miliardi andarono al fondo infrastrutture, ma 9 furono trasferiti al cosiddetto Fondo Letta di Palazzo Chigi e 4 andarono al fondo destinato a finanziarie la cassa integrazione in deroga. Altri fondi alle Regioni mentre oltre 7, con l’occasione, furono tagliati. Totale 33,9 miliardi.
L’eredità  dei 65 miliardi di Prodi, incastonati nel bilancio dello Stato, cominciò così ad assottigliarsi e a trovare usi utili e indispensabili, ma distanti dalla destinazione originaria. Un po’ come avvenne con i condoni nella legislatura 2001-2006. Vengono dal Fas i 2 miliardi utilizzati per ridurre l’Ici, i 400 per Catania, i 400 per Roma Capitale, gli 1,8 miliardi per il G8 della Maddalena e i 400 milioni per il termovalorizzatore di Acerra. Il deficit non aumenta, la caccia alle coperture non serve. Ci pensa il Fas.
La somma destinata alle Regioni, che insistono da tempo sul tema, è stata congelata: niente soldi, ha detto Tremonti. Ma nel frattempo i soldi-Fas sono stati utilizzati per aiutare il ripiano dei debiti sanitari dei governatori: 800 milioni al Lazio, 220 all’Abruzzo, 480 alla Campania e 250 alla Calabria. «Basta, questi soldi vadano allo sviluppo», attacca Guglielmo Loy della Uil. Ma le risorse del Fas sono sempre di meno, tant’è che Tremonti alla fine ha dovuto dire no persino ad una proposta bipartisan avanzata da Sergio D’Antoni (Pd) per finanziare nell’ambito del decreto sviluppo il credito d’imposta per il Sud ideato a Via Venti Settembre. I tagli di 2,5 miliardi previsti non lo avrebbero consentito.

 


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