“Gli elicotteri di Assad sparano sulla folla”

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GERUSALEMME – Alla vigilia del terzo mese di proteste contro il regime del presidente Bashar Assad non si fermano le manifestazioni in tutte le città  siriane a dispetto delle “importanti operazioni militari” dell’esercito per reprimere le piazze. Nel tredicesimo venerdì consecutivo di marce contro l’attuale potere, si sono registrate decine di vittime, adesso è nel nord verso il confine con la Turchia dove si è scatenata la rappresaglia mentre decine di migliaia di siriani sono tornati in piazza in quasi tutte le località  del Paese, comprese Damasco e Aleppo, a chiedere la fine del regime baathista. Almeno 32 civili sono stati uccisi in quattro diverse regioni e anche alla periferia di Damasco. Jisr ash Shughur, cittadina di circa 40.000 abitanti per lo più sunniti al confine con la Turchia, è la nuova “città  martire”. Qui ieri ci sono stati intensi bombardamenti con artiglieria e carri armati, in precedenza la città  era circondata dai blindati e da giorni è «una città  fantasma» dopo la fuga di migliaia di residenti in Turchia. Alcuni testimoni raccontano di elicotteri da combattimento che hanno sparato sulla folla, militari bruciare i campi di grano alla vigilia della stagione del raccolto, e cecchini sparare contro le ambulanze. Anche in base a questi resoconti, il primo ministro della vicina – e un tempo amica – Turchia Recep Tayyp Erdogan ha condannato per la prima volta con durezza il regime siriano, accusandolo di «atrocità  inumane». Ancora più duro il presidente turco Abdullah Gul, che ieri sera ha detto che il suo Paese è «pronto ai peggiori scenari, compreso quello militare», per mettere fine alla crisi in corso in Siria.
Ma non è solo il nord della Siria in fiamme. Decine di migliaia erano ieri in piazza dall’estremo nord-est curdo alla città  meridionale di Dara’a, ribattezzata «l’indomita» per la sua lunga “resistenza” all’assedio militare e all’interruzione dei servizi essenziali come l’acqua e l’elettricità . All’appello a manifestare nel “venerdì delle tribù” – presenti in Siria nelle regioni orientali dell’Eufrate – decine di migliaia hanno risposto a Dayr az Zor, capoluogo della regione al confine iracheno, ma anche a Raqqa nel centro nord.
Incurante delle nuove sanzioni che saranno approvate dalle Nazioni Unite e del vuoto diplomatico che si è fatto attorno alla Siria, il regime prosegue nella soluzione militare della crisi interna. Immagini di brutali pestaggi di persone inermi e con le mani legate da parte di militari sono state trasmesse ieri da tutti i network arabi. In uno si vede un uomo, che si intuisce anziano dai capelli bianchi, mentre viene ripetutamente picchiato da militari in un campo mentre li implora di risparmiarlo. In altre immagini si vedono un ufficiale e alcuni soldati che si accaniscono contro almeno tre uomini sdraiati a terra e con le mani legate dietro la schiena. Quello di Bashar Assad è un regime alle corde, il partito unico del presidente sente perdere la presa sul Paese e si vendica sulla folla, assedia e bombarda le città  in un’orgia distruttiva che annuncia l’inizio della fine per la dittatura baathista.


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