Il Cavaliere: resisteremo fino al 2013

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ROMA — Se davvero un giorno prossimo venturo Berlusconi incontrerà  i magistrati napoletani, a Palazzo Chigi o in qualche altro ufficio del premier, sarà  perché non è stato trovato alcuno strumento tecnico per sottrarsi al confronto, sarà  perché dopo una serie di rinvii, magari per ragioni di agenda internazionale, diventerà  concreto il rischio di un accompagnamento coatto. Berlusconi non ha alcuna intenzione di rispondere alle domande che i pm di Napoli vogliono fargli. Così dicono i suoi. Non ha alcuna intenzione perché ritiene che la tecnica che vogliono usare, che stanno usando, sia «quella dei tempi di Di Pietro, ti ascolto come presunta vittima, come persona informata sui fatti, e poi ti frego». E nella parola «fregare», aggiungono, c’è di tutto, persino un colpo di scena con una richiesta di misure cautelari diretta a Montecitorio, richiesta che nelle sue fondamenta potrebbe basarsi sulla violazione delle norme antiriciclaggio. «Sarebbe un golpe, saremmo tutti con lui», dice un ministro, ma il timore resta.
Gli avvocati del presidente sono al lavoro: Ghedini due giorni fa ha lasciato Roma dicendo che andava «a studiare» il caso. Per qualcuno potrebbe sostenere, il Cavaliere, di sentirsi indagato in modo surrettizio, perché effettivamente sotto indagine a Milano per vicende (leggi Ruby) simili a quelle di cui si tratta a Napoli: «E se il presidente è indagato per un reato connesso ha il diritto di non rispondere», aggiunge chi conosce il codice di procedura penale. Resta però il non piccolo problema che in questa fase non c’è giudice cui rivolgersi, che il pm è dominus assoluto del procedimento: altro che reato connesso, altro che ipotesi di inviare una memoria scritta (come pure qualcuno ipotizza): resterebbe molto concreto il rischio di un accompagnamento coatto, che ovviamente sarebbe peggio dell’incontro.
Per il momento l’unica cosa certa è la tecnica del rinvio: il problema non è di facile soluzione, lo si rimanda ad altra data. Per Berlusconi non è una novità , né per i suoi avvocati: martedì c’è un legittimo impedimento, visita a Strasburgo, la prossima volta potrà  spuntare all’improvviso un altro appuntamento. Del resto, dicono nel governo, «che si tratti di una partita politica, l’ennesima, giocata con estrema spregiudicatezza dai magistrati, è del tutto evidente». E dunque «non solo con il codice verrà  affrontata, se ti vogliono ascoltare solo per passare il verbale dell’incontro ai giornali non si capisce per quale motivo il presidente dovrebbe rispondere alla richiesta di una Procura che in questi giorni non riesce nemmeno a gestire la riservatezza di atti secretati».
Ovviamente nessuno nega che vi sia preoccupazione, ma viene definita «controllata»: Berlusconi ogni tanto dice ai suoi ministri «guarda cosa mi stanno facendo» con il tono di chi ci è abituato, questo aiuta alcuni a non drammatizzare.
Alcuni ma non tutti: martedì ad esempio a Strasburgo è il giorno della designazione di Martin Schulz (al quale il premier diede del Kapò) quale futuro presidente del Parlamento europeo e a qualcuno tremano i polsi pensando che un gruppo di onorevoli tedeschi, vista l’aria che tira fra Roma e Berlino, possa prendersela con il Cavaliere creando un incidente. Insomma poco basta perché la preoccupazione «controllata» di alcuni diventi affanno, paura, insofferenza, in tanti altri: nel Pdl si ascoltano discorsi che ormai individuano apertamente in Berlusconi il problema primo dei moderati italiani; e qualcuno dice persino che prima o poi arriveranno le Idi di marzo, sotto forma di incidente parlamentare, a Montecitorio ovviamente, dove molti deputati non hanno più coraggio dei senatori ma hanno il timore di essere travolti insieme a un capo che non riconoscono più. Un capo che ieri diceva che «la manovra non ha bisogno di essere rafforzata» e che «resisteremo fino al 2013».


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