Il Fisco manda in rosso la cassaforte degli Agnelli

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MILANO — La transazione con il Fisco intacca i risultati 2010 della Giovanni Agnelli &c. Sapa, l’accomandita della famiglia Agnelli che controlla il 51% del capitale totale di Exor e da lì, a catena, il gruppo Fiat. Il rosso in bilancio è stato di 18,4 milioni di euro, in calo di 54,4 milioni dall’utile di 35,8 milioni del 2009. A pesare sui conti sono stati, oltre all’accordo con l’erario per 47,4 milioni da pagare in tre anni, i minori dividendi incassati (35,6 milioni contro i 41,8 milioni del 2009) e le spese legali (per 1,5 milioni) relative al procedimento penale sull’equity swap Ifil-Exor che lo scorso dicembre ha visto assolti i vertici del gruppo. Tuttavia l’accomandita ha staccato ugualmente ai soci un dividendo di 6 euro per azione per complessivi 18,3 milioni: la cedola è rimasta uguale a quella del 2009 (quando i dividendi erano ammontati a 24 milioni), mentre era stata di 8 euro nel 2008.
L’accordo con l’Agenzia delle Entrate raggiunto la scorsa estate sul presunto tesoro estero dell’Avvocato, realizzato attraverso l’opa del 1999 sull’allora lussemburghese Exor, aveva comportato per l’accomandita e per le eredi dirette di Gianni Agnelli, la moglie Marella Caracciolo e la figlia Margherita (madre di John Elkann, presidente dell’accomandita, di Exor e di Fiat) un esborso complessivo di circa 100 milioni di euro, da dividere a metà  circa tra la società  e le eredi.
Ma nonostante le spalle larghe dell’accomandita, forte di un patrimonio netto di circa 1,2 miliardi (a dicembre 2010), era evidente che le disponibilità  liquide e le cedole staccate dalle controllate non sarebbero state sufficienti a coprire l’uscita straordinaria, che comunque è stata necessaria per chiudere ogni pendenza fiscale. Tanto è vero che dopo l’accordo, il presidente dell’accomandita John Elkann (titolare del 33,5% della società  attraverso la Dicembre società  semplice) aveva convocato un summit informale tra i soci, rappresentanti dei vari rami familiari della discendenza Agnelli (Nasi, Teodorani Fabbri, Camerana, Rattazzi, Funstenberg, Brandolini d’Adda) per illustrare le modalità  della transazione e rassicurare gli oltre cento azionisti (tra proprietari e usufruttari delle azioni) che la cedola sarebbe stata comunque pagata, anche ricorrendo all’indebitamento. Così è stato.
Dal bilancio 2010 dell’accomandita, appena pubblicato, emerge che l’indebitamento è aumentato dai 133,2 milioni del 2009 ai 172,6 milioni del 2010 anche a causa dello stacco della cedola ai soci, considerando che l’accomandita aveva a fine 2009 disponibilità  liquide per 5 milioni. La situazione di rosso nei conti è comunque destinata a restare un unicum: considerati i 55,9 milioni di cedole da parte di Exor e di Old Town sa (controllata al 99,6% che possiede fra l’altro la francese Greysac e il 3% della Graphic Packaging per 154 milioni totali di patrimonio netto) per il 2011 è previsto il ritorno all’utile. A livello di gruppo invece (per la prima volta l’accomandita consolida Exor, e da lì tutto il gruppo Fiat), l’utile consolidato è stato pari a 23 milioni su un patrimonio netto di 3,28 miliardi di euro.
I cali di Borsa subiti da Exor dall’inizio del 2011, sulla scia della crisi internazionale, sono stati significativi per l’accomandita, facendo avvicinare i prezzi attuali delle azioni a quelli di carico. Il calo maggiore lo si è registrato in particolare per le azioni ordinarie, di cui l’accomandita controlla il 59,1%: a bilancio contabilizzati a 11,24 euro per azione, ieri valevano 13,65 euro contro i 24,24 euro di fine anno. Per il 39,2% delle privilegiate il calo è stato dai 18,4 euro di fine anno ai 12,51 euro di ieri, pur sempre comunque sopra il prezzo di carico di 8,51 euro. Analogamente si sono mosse le azioni di risparmio, ieri 11,80 euro contro i 18,17 euro di fine anno, ma ampiamente sopra i 6,32 euro di iscrizione a bilancio. Per la società  non ci saranno assottigliamenti di sorta perché a patrimonio i titoli sono iscritti al prezzo di costo.


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