Pechino: vi aiutiamo se risanate La Lega: mai risparmi in mano loro

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PECHINO – La Cina frena l’entusiasmo occidentale per un «soccorso giallo» sui debiti sovrani e detta le condizioni per salvare le economie di Europa e Stati Uniti. Il premier Wen Jiabao, aprendo il World Economico Forum di Dalian, ha avvertito ieri che per sperare «in una mano tesa», le potenze sviluppate «devono prima di tutto mettere ordine in casa propria». Il monito di Pechino è chiaro: il fondo sovrano cinese è pronto ad investire nei propri clienti-creditori, ma non a finanziarli a fondo perduto. Wen Jiabao ha aggiunto una clausola in più, riservata alla Ue: anticipare il riconoscimento della Cina quale economia di mercato.
L’accordo del 2001 per l’accesso alla Wto fissa l’ingresso nel 2016. La seconda potenza economica del mondo, per tutelarsi dalle accuse di dumping e protezionismo, pretende ora un anticipo e intende affrontare il dossier già  il prossimo 25 ottobre, durante il vertice Cina-Ue a Tianjin. «Sarebbe un modo – ha detto – per dimostrare come un amico tratta un amico». Wen Jiabao ha confermato l’interesse cinese a «investire sempre di più» nel Vecchio Continente ma ha ammonito i leader nazionali a «muovere passi più coraggiosi e a guardare in modo strategico alle relazioni con Pechino». L’obbiettivo è staccare l’emergenza-Europa dal caso-America, da cui la Cina pretende l’export hi-tech, contrattando separatamente il sostegno a euro e dollaro. Anche l’Italia resta sulla graticola. Nemmeno ieri è arrivata conferma ufficiale dell’interesse della Cina ad acquistare Bot. Fonti bancarie assicurano che l’investimento in titoli di Stato è iniziato già  a fine agosto, ma il governo cinese non ammette neppure la presenza a Roma dei vertici del fondo sovrano («Cic») e si limita a ripetere che «nulla è ancora deciso». Solo il giornale dei giovani comunisti cinesi ha confermato che il presidente del Cic, Lou Jiwei, è «da giorni in Italia per valutare l’acquisto di una quota significativa» del nostro debito pubblico. Analisti cinesi vicini al governo considerano l’operazione «attualmente conveniente ma carica di rischi» e lasciano trapelare il nodo essenziale dei colloqui con il ministro Tremonti pur non sbilanciandosi sul «non consegneremo i nostri risparmi alla Cina» della Lega.
Pechino, più che ai titoli di Stato italiani, punta sulle infrastrutture strategiche dell’Italia, su alcune importanti società  pubbliche, a partire da Eni ed Enel, e su una partecipazione nei big del credito. Il sostegno ai conti pubblici sarebbe così vincolato alla possibilità  di controllare il risanamento nazionale dall’interno, ossia attraverso gli snodi attivi dell’economia, come già  successo in Grecia, Spagna e Portogallo.
Wen Jiabao da Dalian ha voluto inviare a Francoforte e Bruxelles anche segnali rassicuranti sulla tenuta della Cina: i consumi interni continueranno ad aumentare, l’inflazione si sta raffreddando e riforme strutturali garantiranno «una crescita relativamente veloce» nel lungo periodo. L’Asian Development Bank ha però abbassato ieri dal più 9,6 al più 9,3% le previsioni del Pil cinese 2011, tagliandole al più 9,1% per il 2012. Influenti gestori di fondi cinesi confermano il trend al ribasso della pressione inflazionistica annua, scesa al 6,2% in agosto, e fissano per novembre un allentamento della politica monetaria. «In Occidente il mercato scoppia di merce in offerta – ha scherzato Wen Jiabao a Dalian – ma per comprare non c’è fretta».


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