ISABEL ALLENDE PERDIZIONE E RISCATTO

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Autrice di best-seller di oceanico successo, Isabel Allende, per una volta, ha scritto un libro diverso, lontano dalle sue prime, fortunate saghe familiari, in bilico tra realismo ed esoterismo (vedi La casa degli spiriti), e non imparentabile ai suoi recenti romanzi storici, incentrati su icone femminili (o femministe) stagliate su sfondi minuziosi e forbiti (da Inés dell’anima mia a L’isola sotto il mare). 
Ora, ne Il quaderno di Maya (Feltrinelli, euro 20, pagg. 400), l’autrice cilena cambia registro, immergendosi nella contemporaneità  e assumendo toni quasi confidenziali. Pur se tutto è immaginario, e la voce narrante si affida a un’eroina inventata, qui la linea stilistica ricalca un po’ quella adottata in Paula, l’opera autobiografica e diaristica che Allende dedicò alla figlia morente, esponendovi il legame con un essere amatissimo e la lacerazione del distacco. Anche l’attuale Maya, a suo modo, compie un’escursione nel sentimento devastante della perdita di una persona necessaria, stabilendo un’intimità  di dialogo con il lettore. La credibile e sfaccettata umanità  del personaggio emergente da tale strategia regala a un libro imperfetto, e diseguale nella scrittura, con zone di stucchevole buonismo ecologista, un’aura spesso interessante. 
Protagonista è una ragazza audace, iper-affettiva e votata all’autodistruzione. Figlia di un papà  vago come una nube in cielo (non a caso fa il pilota) e di una hostess che se l’è data a gambe dopo averla partorita, Maya cresce in una Berkeley libertaria, interrazziale, stonata da zaffate di spinelli e affollata da marce in difesa dei “diversi”. Ad allevarla sono i nonni paterni. Lei, detta Nini, è un’amazzone senza spigoli: protestaria e idealista, attratta dalle cause perse e dai diseredati, è tuttavia saccente e brontolona in casa. Lui, detto Popo, è un nero maestoso, regale, tenerissimo e stellato: in quanto astronomo di mestiere, ha lo sguardo fisso sui misteri delle galassie. Il rapporto che Maya sviluppa con il nonno è un luogo di libertà  fantastica, un abbraccio incondizionato, una poesia dell’universo, un corpo mitico sul quale accoccolarsi. Perciò la morte del Popo la colpisce come un danno irreparabile. L’adolescente perde appigli, si diluisce, precipita nelle piaghe del mondo. Si droga, si svende, si ubriaca, arranca tra i fantasmi, si esilia da se stessa, slitta in un succedersi di tracolli. Approdata avventurosamente a Las Vegas, cade in un giro di pusher e falsari: mostri senza scrupoli, concentrazioni di nefandezze. Il suo livello di rischio è sempre più elevato: l’Fbi la insegue, la minacciano orrende ritorsioni, è in pericolo di vita. Nini riesce a ripescarla e a nasconderla nell’incontaminato arcipelago di Chiloé, a sud del Cile. E qui, via via, Maya trova relazioni, identità  e valori, riverberata da una natura intensa e da magici tramonti. 
Sulle isolette redige il suo “Quaderno”, cioè il libro che stiamo leggendo, il quale scorre come un flusso di flash-back: parte dall’arrivo nel salvifico rifugio e ricostruisce la vicenda che l’ha condotta lì. Ai quadri dell’inferno s’avvicendano squarci di paradiso: da una parte vediamo Maya conquistare il senso della vita, nel montare di una dolcezza caramellosa e a volte un po’ tediosa per chi legge; dall’altra ascoltiamo la confessione dei suoi trascorsi, cadenzata da perturbanti viaggi nelle nebbie delle droghe, sanguinosi affondi nella violenza, mortificazioni del corpo reiterate e quasi godute. E al solito (tutta la letteratura insegna) la descrizione del male risulta più invischiante e attraente di quella del bene. Allende ci si muove dentro col suo ottimo mestiere e con una puntuale competenza di perdizioni e abissi. Il racconto di uno stupro in un motel, subìto dalla fragile e tossica Maya da parte di un camionista repellente, ha l’algida spietatezza di alcune scene, colme di lordure sessuali ma atrocemente raggelate nell’esposizione, incluse in Uomini che odiano le donne di Stieg Larsson. Allende mostra di aver assorbito con acume e flessibilità  certe lezioni narrative del nostro tempo.


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