L’Iran: “Abbiamo abbattuto un drone Usa”

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NEW YORK – La guerra tra l’Iran degli ayatollah e l’America di Barack Obama è già  cominciata. E la grancassa suonata a Teheran dalla tv e dalle agenzie di Stato fa venire davvero i brividi. Ma non è l’abbattimento annunciato di un drone americano che inquieta adesso il mondo. È la seconda parte della dichiarazione di guerra: «La risposta militare alla violazione del nostro spazio aereo non sarà  limitata ai confini iraniani». Che cosa vuol dire?
La notizia arriva all’indomani dell’assalto all’ambasciata inglese a Teheran che ha costretto la Gran Bretagna (seguita da altri paesi europei, Italia in testa) a ritirare il personale diplomatico e annunciare nuove ritorsioni contro la banca centrale iraniana. Ma tutta l’offensiva degli ayatollah si inquadra ovviamente nel grande risiko del nucleare: da quando il mese scorso i funzionari Onu dell’Aiea hanno smascherato pubblicamente la bugia del nucleare pacifico – accusano l’Iran di costruire l’atomica – è scattato il conto alla rovescia in attesa del possibile blitz occidentale apertamente paventato da Israele.
Tutta l’aerea è in fermento. E già  la scorsa estate gli iraniani avevano annunciato l’abbattimento di altri due droni americani nella zona santa di Qom: dove naturalmente hanno provveduto a nascondere uno dei loro siti nucleari. I pasdaran non hanno mai mostrato – come promesso – le prove e le immagini degli abbattimenti. E anche stavolta il colonnello Barry Johnson, portavoce dei militari Usa di stanza in Iraq, ha gioco facile nel dichiarare alla Cnn di «non avere ricevuto alcun rapporto su nulla». Anche se poi un funzionario Nato riconosce che potrebbe trattarsi di uno dei mezzi impiegati in Afghanistan. D’altronde non è un segreto che gli americani fanno volare i droni di ricognizione sui cieli iraniani.
Il Sentinel Rq 170 che Teheran sostiene di aver abbattuto è fra l’altro il più avanzato della ipertecnologica flotta che è diventata la punta di diamante della lotta a tutti i terrorismi del Pentagono di Leon Panetta: ormai forte, secondo dati non confermati, di oltre 7mila velivoli. Il Sentinel è fra l’altro lo stesso tipo di aereo che fu usato per controllare il rifugio in Pakistan di Osama Bin Laden: alla vigilia del blitz di marzo che portò all’uccisione del leader di Al Qaeda. E sempre i droni sono stati responsabili dell’attacco antiterrorista che ha causato la settimana scorsa l’uccissione di 24 soldati pakistani al confine con l’Afghanistan: l’ennesimo “incidente” che rischia di rendere ancora più tese le relazione di Washington con Islamabad e che ha in pratica costretto ieri Obama a una telefonata rappacificatrice con il presidente Ali Zardari.
Il tempo stringe davvero. Anche l’Iran si sta dotando di aerei invisibili e spia. L’annuncio l’ha dato proprio Ahmadinejad la scorsa estate presentando al mondo quello che lui stesso ha definito «l’ambasciatore della morte» per i nemici dell’Iran. E gli ayatollah sono da almeno in tre anni in possesso di aerei spia capaci di volare oltre 100 chilometri: e raggiungere così Israele.
Il vittorioso annuncio dell’abbattimento del drone Usa sembra però l’ennesimo atto per rilanciare la guerra delle parole e della propaganda: soprattutto a uso interno. Oltre ai sempre possibili blitz con cui Teheran minaccia di colpire «gli interessi americani e israeliani nella regione», a inquietare è soprattutto la ben più concreta prospettiva di un altro tipo di ritorsione: la chiusura di quello stretto di Hormuz da cui transita il 40 per cento del petrolio destinato all’Occidente. Mentre il mondo fatica ancora a riprendersi dalla recessione, un colpo, questo sì, che sarebbe una dichiarazione di guerra vera.


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