Otto ore di sciopero contro la Fiat e la manovra. Lunedì con la Cgil

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Prima dell’accordo separato a Torino si incontrano Cgil, Cisl e Uil per tentare di unificare la protesta Sono i soliti metalmeccanici, non si accontentano mai. La Cgil indice uno sciopero generale di 4 ore? Allora la Fiom raddoppia, 8 ore. In realtà , il sindacato guidato da Maurizio Landini era stato il primo a promuovere una mobilitazione nazionale contro il colpo di stato di Marchionne e contro la manovra del governo Monti. Ieri, nel corso di una conferenza stampa è stata soltanto annunciata la decisione di far convergere la protesta dei metalmeccanici dentro quella della confederazione, cioè di scioperare lo stesso giorno, lunedì 12 dicembre, ma per otto ore perché due sono le manovre da sconfiggere. La Fiom sarà  presente in massa in tutte le manifestazioni e i presidi territoriali promossi dalla Cgil, in modo visibile e con le sue parole d’ordine: la difesa del contratto nazionale contro la pretesa di estendere a tutti gli 86 mila dipendenti Fiat il contratto aziendale di Pomigliano, quello che cancella i diritti fondamentali di chi lavora, e l’opposizione alla manovra lacrime e sangue.
Poco prima che a Roma Landini spiegasse alla stampa le intenzioni e le opinioni della Fiom, da Torino veniva comunicata la decisione dei sindacati complici di non firmare subito l’accordo con la Fiat sul nuovo contratto ma di aggiornare la finta trattativa ad oggi. Ci sono forse discrepanze tra l’imperatore della Chrysler-Fiat Sergio Marchionne e Fim, Uilm, Fismic, Ugil e Associazione Quadri? A leggere le dichiarazioni dei diretti interessati, che annunciano in coro di essere in «dirittura d’arrivo», si direbbe di no. Il fatto è che questa mattina si incontreranno sul presto i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil per tentare di unificare gli scioperi indetti separatamente da Cisl e Uil (di due ore) da un lato e dalla Cgil (di quattro ore) dall’altro. Che c’entra? Forse niente, forse molto: la vicenda Fiat che spacca i sindacati dei metalmeccanici rappresenta l’ostacolo principale, anche se non l’unico, all’unità  sindacale tra le tre confederazioni. Dunque, l’accordo infame che sancirà  l’espulsione dalle fabbriche del sindacato più rappresentativo arriverà  dopo l’incontro mattutino tra i vertici confederali. Questa, naturalmente, è solo un’ipotesi maligna di chi è abituato a pensar male.
Difficile evitare di parlare di Fiat in questo drammatico giro di boa. Se passa, come sembra passerà , la scelta autoritaria di cancellare i contratti nazionali di lavoro alla Fiat, a essere mandato al macero sarà  l’intero istituto del contratto nazionale che rappresenta il punto più alto di solidarietà  generale e la prima garanzia di tutela dei diritti fondamentali nel lavoro. Se sarà  permesso alla Fiat, perché non dovrebbero farsi avanti tutti gli altri imprenditori? Landini l’ha ripetuto ieri, all’indomani dell’indegna sceneggiata di Torino in cui la Fiom è stata espulsa dalla sedicente trattativa in quanto non firmataria del contratto di Pomigliano. Fim, Uilm e addentellati sono pronti all’ennesimo accordo separato senza aver ricevuto alcuna delega da parte dei lavoratori, quelli che rappresentano e quelli – la maggioranza – che non rappresentano. La Fiom è il primo sindacato alla Fiat ma siccome non si piega dev’essere cancellata. «È una decisione senza precedenti nella storia sindacale italiana – sono parole di Landini – io non firmerò mai, neanche dove la Fiom è maggioranza assoluta, un accordo che escluda un altro sindacato con la motivazione che non ne condivide i contenuti». E la Fiom, ha aggiunto, non firmerà  mai un accordo che impedisca ai lavoratori di votarlo e di eleggere i propri rappresentanti, «non stiamo difendendo i diritti della Fiom ma quelli dei lavoratori. E la democrazia nel paese».
Dunque il 12 la Fiom sarà  in piazza contro la Fiat e contro la manovra. E sarà  soltanto un’anteprima, in preparazione di una grande manifestazione nazionale a Roma tra fine gennaio e inizio febbraio, «per il contratto, la democrazia e un nuovo modello di sviluppo». Cioè contro le politiche liberiste incarnate da Monti e dal suo governo, che Landini ieri ha criticato duramente denunciando l’iniquità  del decreto «che colpisce lavoratori dipendenti, pensionati e giovani per salvare i privilegi dei più forti». E il prossimo appuntamento annunciato da Monti, la riforma del mercato del lavoro, «non promette niente di buono».


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