Io, Plutarco e Schopenhauer perduti su un’isola deserta

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André Gide ha confessato di amare questo gioco e ha ripubblicato alcuni dei suoi cataloghi – eminenti cataloghi ragionati, dove non si trovano solamente i nomi, ma anche il perché di ogni predilezione… Io ho provato a fare quel gioco più di una volta, con caratteri di corpo diverso, e ho preso a tal punto l’abitudine a quelle triplici ripartizioni di gloria che in mancanza di un altro che mi inviti a farlo, mi ci invito da solo. 

Comincio con un dubbio che non ha nulla di terribile: il numero 3, sta a significare 3 titoli o 3 tomi? Nel primo caso, penso (diremo) ai trenta e passa volumi dell’Encyclopedia Britannica, ai tre del Dizionario di Filosofia di Mauthner, e alle opere complete di Schopenhauer, di Butler o di Shaw. 
O (se preferite) ai sei volumi di Decadenza e caduta dell’Impero romano di Gibbon, alle opere complete di De Quincey o di Edgar Allan Poe, e ai Saggi di Michel de Montaigne. Ma è un inutile raggiro imbastire di queste liste. La drammaticità  di questa domanda e le frugali circostanze di Robinson sembrano respingerle. Lo spettacolo di un naufrago su un’isola non si addice alla Biblioteca del Vaticano o ai 386 volumi del Patrologiae cursus completus di Padre Migne. Tre libri vuol dire tre tomi: deve volerlo dire. 
Fatto un chiarimento, conviene procedere a un secondo, non meno assiomatico. Parlare dei tre libri che uno si porterebbe su un’isola deserta, non significa parlare dei tre libri più importanti dell’universo e nemmeno dei tre libri più memorabili nell’esperienza personale. Né la storia generale della stirpe né la biografia dell’individuo sono in gioco. L’importanza del Corano è indiscutibile, ma l’inferno promesso nelle sue pagine è meno atroce di un’isoletta senz’altra biblioteca se non un esemplare del Corano. Il Martà­n Fierro è ammirevole, ma lo so quasi a memoria, e poi a che serve portarsi un volume già  assimilato, già  consustanziale con il mio spirito? 
In questi cataloghi di tre libri per tutta la vita c’è l’usanza di includere qualche famoso romanzo o qualche libro di versi. Quelli che fanno così non si sono immaginati il terrore e la solitudine dei giorni uguali di Robinson. Per quel tragico uomo in isolamento nulla è pericoloso quanto il ricordo. Libri di passione, libri di rapporti umani, non otterrebbero altro che farlo disperare. Niente libri che implichino il rapporto uomo-uomini; unicamente libri che implichino il rapporto uomo-Dio, uomo-numeri, uomo-Universo. Niente libri che si lascino leggere facilmente e subito si esauriscano; unicamente libri che è necessario conquistare poco a poco e che possono popolare gli anni identici.
Propongo finalmente questa lista:
1) Un libro matematico (forse la Introduzione alla filosofia matematica di Bertrand Russell, o altrimenti qualche buon testo di algebra, con molti esercizi).
2) Un libro metafisico (forse Il mondo come volontà  e rappresentazione di Arturo Schopenhauer).
3) Un libro di storia sufficientemente remota (forse Plutarco, forse Gibbon, forse Tacito).
*Traduzione di Luis E. Moriones
Ha collaborato Francesca Caruso
Il manoscritto La biblioteca di Robinson Crusoe di è stato fornito dall’Harry Ransom Center, centro di ricerca per gli studi umanistici dell’Università  del Texas. Nato nel 1957, il centro colleziona diversi
manoscritti originali di scrittori: da James Joyce ad Arthur Miller


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