Un premio in denaro per chi denuncia i colleghi corrotti

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ROMA – C’è una proposta esplosiva nel rapporto Patroni Griffi sulla corruzione. Sarà  la novità  a sorpresa da introdurre già  dopodomani nel ddl anticorruzione. Nasce la “talpa” protetta e pagata. Chi, all’interno della pubblica amministrazione, svela un reato al suo superiore, alla magistratu ra o alla Corte dei conti, non solo avrà  la garanzia dell’anonimato, ma pure «un premio in denaro non inferiore al 15 e non superiore al 30% della somma recuperata dopo la condanna definitiva dei giudici contabili». 
Dice il ministro della Funzione Pubblica Filippo Patroni Griffi che «la lotta alla corruzione è una priorità  per il governo». Pubblica sul sito un rapporto di 41 pagine (lo hanno prodotto sei esperti Garofoli, Cantone, Granelli, Mattarella, Merloni, Spangher)) che contiene gli emendamenti al ddl in attesa da due anni, ma considerato da molti “acqua fresca” contro corrotti e corruttori. La Pd Donatella Ferranti giudica il lavoro «positivo», ma chiede «più coraggio» sulla prescrizione («rivedere subito la Cirielli») e su nuove figure di reato. Sfida il Guardasigilli Paola Severino a fare le modifiche.

La gola profonda 
Scriveva il rapporto Greco (Group of States against corruption) nel 2011: «La corruzione in Italia è un fenomeno pervasivo e sistemico che influenza la società » e consigliava, sul modello Usa, di incentivare le denunce. Detto fatto. Ecco la “talpa” formalizzata nell’emendamento al ddl: «Il pubblico dipendente che denuncia condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto a una misura discriminatoria, diretta o indiretta». Ancora: «L’identità  del segnalante non può essere rilevata senza il suo consenso». Si chiude col premio.
inputati incompatibili
Si stringono le maglie per i pubblici ufficiali sotto processo per tutti i delitti dei colletti bianchi «anche con una sentenza non passata in giudicato». Non potranno più far parte, «neppure con compiti di segreteria, di commissioni per l’accesso o la selezione a posti nella pubblica amministrazione». 

conflitti d’interesse
Il rapporto chiede una delega al governo per disciplinare i casi in cui non si può dare un incarico dirigenziale a chi, «per un periodo non inferiore a tre anni», abbia svolto «incarichi» o abbia avuto «cariche» in imprese «sottoposte a regolamentazione, controllo o contribuzione da parte dell’amministrazione che a sua volte conferisce l’incarico».

patrimoni trasparenti
Chi detiene cariche elettive a qualsiasi livello «dovrà  rendere del tutto trasparente la sua situazione patrimoniale, la titolarità  d’imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del coniuge, dei congiunti fino al secondo grado di parentela». 

la stretta penale
Avrebbe dovuto esserci, ma non c’è, una rassegna delle modifiche penali. Si legge solo che «un’efficace politica di contrasto alla corruzione va condotta sul fronte della prevenzione e della repressione». Servono «risposte sanzionatorie incisive e dissuasive», bisogna punire «singoli e personali episodi di malaffare». Il rapporto prevedeva d’inserire reati come il traffico di influenze e la corruzione tra privati. La prescrizione veniva trattata come per la mafia, cioè raddoppiata. Ampliato l’ambito delle pene accessorie, come l’interdizione dai pubblici uffici nei casi gravi, con un secco stop alla sospensione condizionale della pena che, una volta concessa, blocca l’interdizione. Si proponeva uno sconto di pena per chi collabora prima del processo. La Severino ha imposto uno stop, visto che è lei la titolare delle modifiche al codice penale e visto che non era stata consultata per la nomina dei componenti della commissione. Patroni Griffi ha detto di sì. Ma adesso tocca al Guardasigilli, dopodomani, cimentarsi nelle modifiche penali.


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