Spezzare le reni alla Grecia

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La Grecia non convince l’Eurogruppo e soprattutto i paesi che hanno il coltello dalla parte del manico, cioè quelli che hanno conservato il rating AAA, sempre più esasperati dalle esitazioni e dai continui rinvii di Atene per accettare il piano. «E’ troppo presto» per la Finlandia. Secondo la Germania, «non ci sono ancora risultati» e per il il Lussemburgo, non siamo ancora «all’accordo finale». L’Eurogruppo, ha detto il presidente Jean-Claude Juncker, è al massimo disposto a dare l’approvazione dell’accordo raggiunto ad Atene tra i partiti al governo. Poi si aspetta di vederci più chiaro, prima di dare il via libera al secondo piano di aiuti di 130 miliardi di euro.
Germania, Olanda, Finlandia e Lussemburgo si sono riuniti a Berlino qualche giorno fa e hanno studiato un piano di azione: o Atene si piega definitivamente o «non muore nessuno» se la Grecia esce dall’euro e fa fallimento (tanto le banche europee si sono coperte le spalle sul debito greco). 
Ieri, il ministro degli esteri tedesco, Guido Westerwelle, ha ripetuto: «Il tempo stringe per trovare una soluzione, l’avvenire della Grecia nella zona euro e in Europa dipende solo dalla Grecia». L’Fmi ha chiesto ad Atene assicurazioni per un aumento delle entrate fiscali di 13 miliardi entro il 2015 e Christine Lagarde ha detto ieri che «molte cose sono ancora da fare». Il fronte del rigore paragona Portogallo e Irlanda, gli altri due paesi sotto tutela, a tutto svantaggio della Grecia, perché non applica con la dovuta rapidità  i piani imposti.
Eppure, l’annuncio di un accordo sul piano di rigore greco è venuto ieri da presidente della Bce Mario Draghi, a Francoforte: «Qualche minuto fa – ha detto il presidente della Bce a metà  pomeriggio – ho ricevuto una chiamata del primo ministro greco che mi ha detto che un accordo era stato raggiunto e approvato dai grandi partiti». 
Poco dopo, è arrivato il comunicato del primo ministro Lucas Papademos, che parlava di «ampio consenso sui contenuti del nuovo programma in vista della riunione dell’Eurogruppo»; dove, per altro, ha partecipato Evangelos Venizelos, il ministro delle finanze.
In cambio del nuovo piano di austerità , la Grecia potrebbe beneficiare del secondo piano di aiuti di 130 miliardi di euro (dopo i 110 del maggio 2010), che gli permetteranno di rimborsare i 14,5 miliardi di euro che arrivano a scadenza il 20 marzo e di evitare così il default. Dopo l’accordo con la «troika» (Fmi, Ue e Bce) seguirà  l’intesa con le banche private, già  di fatto conclusa a fine gennaio, che porterà  a un hair cut di 100 miliardi su un debito di 350.
E’ allo studio anche un’eventuale partecipazione della Banca centrale europea, a cui le banche private chiedono di accettare una svalutazione del debito greco che la banca centrale ha accumulato. 
Ma questo scenario ieri era ancora molto in bilico, nonostante l’annuncio dell’accordo da parte di Draghi e poi la smentita. Due mondi si fronteggiano. Da un lato il fronte del rigore, dall’altro Atene. In Grecia, il nuovo giro di vite non passa. La «troika» chiede riduzione del 22% del salario minimo, che sarà  portato a 586 euro (su 14 mesi), un calo del costo del lavoro di almeno il 15%, la soppressione di 15mila posti nel settore pubblico quest’anno e tagli alle pensioni. Il tutto per arrivare a un’economia di 3,3 miliardi di euro quest’anno nel bilancio pubblico. 
Il governo greci non ha nascosto che, al di là  dell’accordo generale, restano dei «dettagli» da chiarire. «Vedremo come minimizzare le diminuzioni delle pensioni», ha affermato ieri sera un rappresentante del governo. In Grecia c’è ormai un milione di disoccupati su 11 milioni, il 20,9% della popolazione attiva è disoccupata, sono senza lavoro il 48% dei giovani e il 24,5% delle donne. Degli economisti prevedono un calo del pil tra il 4 e il 5% quest’anno, mentre il governo ha basato la finanziaria su meno 2,8%. L’agenzia di rating Standard&Poor’s valuta che non basterà  una svalutazione del 70% del debito greco, per reggere.
All’Europarlamento, il gruppo socialdemocratico protesta. Per Hannes Sowoboda, capogruppo, la «troika» fa prova di «un approccio ideologico e punitivo» e, dopo aver espresso «grave preoccupazione» per quello che sta succedendo sul fronte greco, chiede una riunione urgente della commissione Affari economici.


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