Stragi naziste, Berlino non paga

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La Germania non dovrà  pagare nulla ai familiari delle vittime delle stragi naziste. La Corte internazionale di giustizia dell’Aja, massimo organo giurisdizionale delle Nazioni unite, ha dato ragione al ricorso del governo di Berlino e sancito la supremazia della sovranità  statale rispetto al diritto umanitario. Il presidente del tribunale, il giapponese Hisashi Owada, ha impiegato 80 minuti per leggere il dispositivo di una decisione che condanna l’Italia per «non avere riconosciuto l’immunità » garantita a Berlino dal diritto internazionale. 
Il punto di diritto è uno: non c’è continuità  fra il Terzo Reich e la Repubblica Federale Tedesca, messa al riparo da richieste di risarcimento dalla Convenzione per la soluzione pacifica delle controversi e adottata dai membri del Consiglio d’Europa il 29 aprile 1957, ratificata dall’Italia il 29 gennaio 1960 ed adottata dalla Germania il 18 aprile 1961. 
Quindi il governo tedesco non è tenuto ai risarcimenti per le 15 mila vittime delle oltre 400 stragi delle squadracce hitleriane compiute in Italia tra l’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945, giorno della Liberazione. Non un euro sarà  versato per Civitella, Cornia, San Pancrazio, Grizzana, Marzabotto, Fosse Ardeatine. Il contenzioso tra Italia e Germania era cominciato nel 2004, in seguito al «caso Ferrini», dal nome di uno degli “schiavi di Hitler”, deportato nel 1944 ed obbligato ai lavori forzati. La Germania aprì un negoziato per il risarcimento, poi nel 2008 ha portato l’Italia davanti alla Corte Onu, dopo che la Cassazione – il 21 ottobre – la riconobbe come «mandante» dei militari nazisti che il 29 giugno 1944 uccisero 203 abitanti di Civitella, Cornia e San Pancrazio (Arezzo), sparando un colpo alla nuca di donne, bambini, uomini e vecchi, compreso il parroco del paese. Dopo quella sentenza altri 80 casi si sono aperti. E la Grecia si è associata al dibattimento dell’Aja perché un suo tribunale nel 1997 aveva condannato la Germania a indennizzare i familiari di 218 vittime del massacro di Distomo del 10 giugno 1944. 
Per la Corte dell’Aja, tuttavia, nessun argomento diluisce il diritto all’immunità  conquistato mezzo secolo fa dalla Germania di oggi. Tanto che la sentenza «invita» l’Italia a scrivere una legge «o a ricorrere a qualsiasi altro metodo a sua scelta» per far sì che «siano prive d’effetto» le sentenze risarcitorie già  emesse dai tribunali italiani.
Tra il coro di proteste delle associazioni dei familiari delle vittime e di esponenti della politica, il procuratore militare di Roma Marco de Paolis rilancia la richiesta di «far scontare la pena ai tanti ex criminali di guerra nazisti condannati all’ergastolo in Italia e che vivono invece liberi in Germania». «All’inizio, nei primi processi – spiega De Paolis – mi ero opposto alla chiamata in causa della Germania, poi mi sono adeguato alla giurisprudenza della Cassazione, che condivido in linea di principio. Sicuramente c’è una delusione per le aspettative dei parenti delle vittime, ma occorre considerare che il diritto internazionale è un diritto particolare, non ha codici, ma è consuetudinario e pattizio, e probabilmente i tempi non sono ancora maturi perchè questo principio di chiamata in causa degli Stati si possa affermare». Quando, e se, ciò succederà  potrà  eventualmente valere per altri conflitti e sarà  troppo tardi perchè possa applicarsi agli orrori del nazismo, ma ai familiari delle vittime «è ancora possibile rendere giustizia». In un altro modo: «Facendo scontare la condanna ai tanti ergastolani condannati in Italia rimasti finora impuniti». I condannati all’ergastolo in primo grado sono 71: molti sono morti di vecchiaia, per altri i tre gradi di giudizio sono ancora in corso, ma per una ventina di persone, quasi tutte ultranovantenni e responsabili per Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema e Civitella, è scattata la condanna definitiva da parte della Cassazione. Anche in questo caso i mandati di arresto europeo sono stati rispediti al mittente, mentre loro si sono disinteressati ai processi e non hanno avuto esito i tentativi dei magistrati di far scontare le pene in Germania.


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