La Valle non ama i giornalisti
L’attacco ai tre teleoperatori è la spia di una insofferenza su cui la stampa deve riflettere La Fnsi condanna le aggressioni. E il Corsera scomoda Pasolini per un insulto: «Pecorella»I giornalisti non si picchiano. Ovvio. E quand’anche si trattasse di uno brutto malinteso – come si è rivelato l’episodio avvenuto ieri al blocco No Tav sulla Torino-Bardonecchia – non è mai giusto esercitare la violenza contro chi fa il proprio lavoro e non può difendersi (solo polizie e governi possono, a quanto pare). Per tutta la giornata di ieri a tenere banco è la notizia più spendibile per i media che stanno giocando a «scova il terrorista» con le corrispondenze dalla Val di Susa: una troupe dell’agenzia H24 che lavora per il Corriere della Sera è stata aggredita da alcuni militanti. Secondo quanto scritto dal giornale di via Solferino, «tre operatori sono stati malmenati e spintonati, uno di loro ha ricevuto un pugno in faccia». Ma comuque «i tre stanno bene, non sono feriti». Le attrezzature degli operatori tv sarebbero state manomesse e le gomme sgonfiate (non squarciate con i coltelli come si era detto in primo momento, forse perché faceva più impressione). In serata Alberto Perino, uno dei leader dei No Tav, ha cercato di spiegare che si è trattato di un malinteso, senza negare l’aggressione ai giornalisti (non a pugni, a quanto pare). I tre erano stati scambiati per agenti Digos perché nel pick-up c’era un lampeggiante blu. «Ho incontrato gli operatori, è tutto chiarito», ha aggiunto Perino. Vuol dire che la Digos si può picchiare? No, solo che si devono soppesare le cose per quelle che sono. Anche le notizie.
Ciò non toglie che la Fnsi giustamente si preoccupi di difendere i giornalisti che lavorano in Val di Susa. «E’ un vero e proprio bollettino di guerra – si legge in una nota – varie aggressioni a colleghi, e alle loro troupe televisive, sono avvenute in varie parti d’Italia. E’ assolutamente inaccettabile che in un paese civile possano avvenire con questa continuità episodi di violenza e minacce nei confronti di chi fa informazione. Dalla Val di Susa ad Acireale è uno stillicidio di attacchi proditori alla libertà dei giornalisti di raccontare la realtà ». In più, come dice Nichi Vendola, che condanna l’aggressione, «le violenze nuociono alle proteste». Vero.
Ma è inutile girarci attorno, anche se si fosse trattato di un malinteso, nella valle i giornalisti non godono di grandi simpatie. Allora, se è possibile fare un ragionamento sul perché i nervi sono sempre più tesi nei confronti di chi fa informazione bisognerebbe sforzarsi di comprendere il perché (non per giustificare). Lasciamo da parte, come spazzatura, il giornalismo che dà del «cretinetti» a un uomo che sta agonizzando, anche se queste sono parole violente che fomentano violenza, e non diritto ad informare. Guardiamo come viene raccontata «la realtà ». Soffermiamoci, per esempio, sul Corriere della Sera, perché la troupe stupidamente aggredita è la stessa che aveva girato il video del No-Tav che «ha insultato» il carabiniere, il quale ha subìto l’oltraggio senza colpo ferire e si è meritato l’encomio solenne dell’Arma (e di Berlusconi). E ci mancherebbe… Cos’altro avrebbe potuto fare il militare dopo essere stato apostrofato con «Ehi pecorella, vuoi sparare?» (titolo del Corsera), scaricargli il mitra addosso? Portarlo a Bolzaneto? Questa della «pecorella» non è una notizia qualsiasi, è la notizia, anzi il video, che il principale quotidiano diffonde da due giorni per suffragare tesi piuttosto incendiarie, e forse irritanti per qualche valsusino. L’editorialista intinge la penna in un calamio piuttosto ammuffito, e ci dà dentro. Il «pecorella», tanto per cominciare, «arriva come uno sputo sulla visiera dell’uomo in divisa». E il lettore dovrebbe fermarsi «su una sequenza che più di ogni altra mostra dove può sfociare la cieca cattiveria in val di Susa». Pecorella? Cieca cattiveria? Dall’insulto agli «altri tempi» il passo è breve e la citazione viene spontanea, è un Pasolini – virgolettato su Valle Giulia, «perché i poliziotti sono figli di poveri»… – che adesso manca al Paese per replicare «a quella violenza a senso unico che si sente e si vede nelle immagini». A parte il fatto che è una buona notizia che il Corriere sia schierato con i figli dei poveri – e che la frase «dai anche i bacini alla tua ragazza con quella maschera lì?» ci fa venire in mente i fiori nei vostri cannoni – bisogna almeno riconoscere al giornalista una certa saggezza quando scrive che con gli insulti e la tracotanza i no Tav si isolano da soli. Vero. E magari si isolano anche grazie al lavoro di chi se li cucina sui giornali per preparare quel «brodo di coltura» in cui quel bravo carabiniere si sentirà autorizzato a prendersi un altro encomio, a colpi manganello (ma autorizzati dal Parlamento).
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