L’effetto timbro tradisce il papiro

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Per molto tempo se n’era parlato in modo informale; poi ne fu data una parziale anticipazione su un periodico specialistico: sempre con la pretesa che si trattasse del II libro della Geografia di Artemidoro di Efeso (II secolo a. C.). L’ostensione al pubblico dell’intero manufatto avvenne a Torino nel febbraio 2006, in un contesto mediatico fastoso, ma ben presto foriero di crescenti e radicali rilievi critici.
L’edizione tardò altri due anni (fino al marzo 2008) e dovette misurarsi, non senza incorrere in molteplici contraddizioni, con una bibliografia critica ormai consistente. In meno di un anno la ricostruzione del montaggio proposta dai promotori dell’impresa, e «codificata» nell’edizione del 2008, fu sconvolta e sostituita da un’altra del tutto opposta, che dal punto di vista del puzzle dei frammenti appare obbligata, ma che perviene a dar vita a un prodotto il cui senso sfugge innanzitutto allo stesso studioso che l’ha proposta.
L’intera vicenda è stata ricostruita con oggettività  e maestria critica da Federico Condello. Qui conviene dar conto in modo essenziale dei dati di fatto che impongono le seguenti due conclusioni:
a) il cosiddetto papiro di Artemidoro è un falso moderno, costruito ovviamente con materiali antichi;
b) l’autore del falso è Costantino Simonidis (1820-1890 circa).
Ciò che rende evidente che siamo di fronte a un falso moderno è la pratica di questo ragguardevole artigiano di scrivere (e disegnare) intorno alle lacune che il supporto papiraceo da lui adoperato già  presentava. Lo sconcertante fenomeno si osserva nelle colonne I (rigo 43) e IV (righi 24 e 25), nonché in larga parte dei disegni che pullulano sul recto di questi frammenti papiracei.
Il fenomeno è dirimente. Non trova altre spiegazioni se non che siamo di fronte all’opera di un falsario, il quale lavora su di un papiro già  danneggiato pesantemente (con buchi e sfilacciamenti). Per un falsario questa situazione è un’arma a doppio taglio: per un verso il danneggiamento «autentico», e non creato ad arte, è un vantaggio perché accresce l’impressione di autenticità ; per l’altro crea l’inconveniente di dover scrivere intorno alle lacune. È un vero peccato che coloro i quali un tempo si impegnarono a difendere l’autenticità  del papiro non abbiano sfiorato questo macroscopico problema.
È ozioso osservare che un incidente del genere potrebbe verificarsi anche in un papiro davvero vergato da un copista antico.
Ciò che rende vana questa «via d’uscita» è la frequenza con cui il fenomeno si verifica in uno spazio così breve: tre casi a brevissima distanza l’uno dall’altro e in aree del papiro per le quali è impossibile invocare il difettoso riaggiustamento delle fibre. Il fatto poi che si verifichi la medesima imprudenza sia per la scrittura sia per i disegni chiude definitivamente la questione.
Vi è poi un elemento altrettanto oggettivo: la presenza della grafite nell’inchiostro con cui è stato vergato il testo presente sul recto. Tale presenza è stata acclarata e resa nota dal laboratorio di chimica per le tecnologie dell’Università  di Brescia: «Per quanto riguarda l’analisi del pigmento, è stato rilevato un picco a d = 3.33, attribuibile al carbonio in fase di grafite». Poiché la grafite non è nota prima della fine del Medioevo, l’antichità  del testo è definitivamente esclusa.
Un altro elemento fattuale presente nel cosiddetto Artemidoro che ci porta fuori dal mondo antico è l’«effetto timbro» della scrittura del recto, passata, capovolta, sul verso. L’unica ragionevole spiegazione di un fenomeno del genere implica che sia entrato in scena uno strumento che, inchiostrato, ha, per un incidente, lasciato traccia venendo a contatto col verso del papiro. E tale strumento inchiostrato e recante il medesimo testo, che si legge sul recto, ma capovolto, non può essere che una attrezzatura litografica. Simonidis usava creare, appunto con procedimento litografico, facsimili dei suoi papiri più impegnativi onde illustrarne con adeguate tavole la pubblicazione: così fece, ad esempio, per il periplo di Annone, per i frammenti del Vangelo di Matteo e per tante altre sue creazioni anche epigrafiche.


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