Cupi interni di provincia italiana

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Ritornare nel Veneto natio a tanti anni di distanza e ricevere in pieno cuore i ricordi, i racconti, le stanze, la luce, l’odore del passato. Da un’esperienza come questa nasce la motivazione de L’aria di casa (Archetipolibri, pp. 229, euro 12), primo romanzo di Raffaella Battaglini, che vive a Roma ed è già  nota come autrice di testi teatrali: L’ospite d’onore (Piccolo Teatro di Milano 1994-95) Conversazione per passare la notte (con Marisa Fabbri e Magda Mercatali, regia di Federico Tiezzi, 1995-96), usciti da Ricordi nel 1995; più di recente, in collaborazione con Toni Negri, Settanta, DeriveApprodi 2007. Attraverso la storia di due famiglie nei primi sessant’anni del secolo scorso, il libro offre un quadro di vita italiana durante un periodo sufficientemente lontano da essere sconosciuto ai giovani lettori e lettrici di oggi, soprattutto per quanto riguarda la storia privata, della mentalità , dei costumi, delle relazioni, dell’educazione, della sessualità . 
Basta poco per accorgersi che il titolo, L’aria di casa, fa il contropelo alla massima della saggezza popolare, perché qui l’aria di casa può asfissiare lentamente sino a uccidere. Il romanzo si apre con la breve descrizione di una foto in bianco e nero, una giovane coppia che balla «in un circolo per signorine di buona famiglia in una città  di provincia del nord Italia, nella prima metà  degli anni ’50», e bisognerà  leggere sino alla fine per identificare con precisione i due personaggi. Da qui si dipartono quattro sentieri, all’insegna di quattro date cruciali. A dispetto del preciso ordine cronologico, ciascun episodio è situato in territori e case differenti, è abitato da personaggi differenti, ed è narrato, in prima persona, da differenti voci, tutte femminili, sapientemente modulate. Accade a chi legge di sentirsi a tratti disorientato, ma al tempo stesso, e proprio per questo, catturato, mentre attende fiducioso che le tessere del mosaico vadano a posto e compaia finalmente la figura, ovvero la storia nella sua interezza. Il rischio che l’architettura del romanzo, frutto di un lavoro di costruzione molto impegnativo, finisca per calamitare l’attenzione, è controbilanciato dalla tensione drammatica (o ironica) dei blocchi narrativi. 
Considerando che il testo ci offre quattro entrate, e per evitare di riassumere la trama, possiamo partire dal capitolo che si concentra intorno alla data 1 agosto 1959, «il giorno successivo alla notte in cui papà  si è ficcato una pallottola in testa». Può parlarne così, oggi, una donna che all’epoca era una bambina di due anni e mezzo, e che ora si muove attraverso la sua città , Padova, per indagare su quel suicidio e sui giorni che lo hanno preceduto. Qualcosa è possibile intuire della depressione, della solitudine di questo giovane studioso (figura paterna svuotata della propria funzione, di già ), e anche, nella ricostruzione della giornata, degli elementi di parentela che collegano la piccola famiglia urbana papà -mamma-creatura con le famiglie che abbiamo già  conosciuto nei capitoli precedenti. Col passare degli anni e attraverso i matrimoni, i destini degli individui si sono infatti intrecciati, raccogliendo in eredità  il peso di quella violenza che nella famiglia detta patriarcale veniva esercitata su donne e bambini. 
Per esempio, al capitolo 14 agosto 1906: una famiglia di proprietari terrieri, una bella casa solida, un esercito di domestiche e lavoranti, tanti figli maschi e femmine. Lo sguardo è quello di una figlia undicenne, tesa a captare vari segnali inquietanti. Il padre, padrone e stupratore, esercita un controllo tirannico sulla moglie e sui figli, educati a suon di punizioni corporali, e sulle figlie, di cui vuole disporre. Nell’aprile 1938, un altro nucleo familiare già  destrutturato: la madre è catatonica in una casa di cura dove è stata condotta a forza e sottoposta a elettrochoc, per una comoda diagnosi di isteria. La «governante» dei ragazzi ha preso il suo posto in casa, e tiene il padre con il ricatto del sesso. Anche qui è commovente lo sforzo di una ragazza di 14 anni per dare un senso a ciò che accade, a ciò che non si nomina, così come farà  – l’abbiamo detto – anche l’ultima a parlare, nel finale. 
Tutto questo accade, recita la quarta di copertina, «nell’aria soffocante della provincia italiana» e continua – lanciando lo sguardo oltre i confini temporali del racconto – «prima che la finestra del ’68 si spalanchi», e si respiri, finalmente. Aggiungerei anche, per risarcire quelle vite prigioniere: prima che le donne riescano insieme a rompere la congiura del silenzio.


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