Twitter e l’Ingorgo della Rete

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La rapidità  con cui le informazioni si diffondono e la solidarietà  si organizza lasciano spesso stupiti. È successo la notte tra il 19 e il 20 maggio quando l’Emilia ha tremato per la prima volta. Chi usa Twitter e si trovava in una delle zone colpite lievemente dal sisma quella notte, ha avuto nel social network non solo una prova di realtà , ma un canale in linea diretta con il territorio.
Durante le tragiche ore di ieri, il social network ha rivelato, ancora una volta, questa attitudine. Se inizialmente i media tradizionali hanno fatto fatica a mappare le zone colpite dalle scosse, gli utenti hanno segnalato subito disagi, vittime e crolli. Campagne per raccogliere aiuti si sono susseguite durante la giornata a riprova che l’Italia, offline e online, in situazioni di emergenza sa riscoprire la solidarietà  nazionale. 
In seguito al blackout delle reti telefoniche in Emilia, gli utenti hanno diffuso istruzioni su come «aprire» le reti wi-fi private per permettere la comunicazione via Internet.
A differenza della notte del 19 maggio, però, quando erano in pochi a seguire su Twitter gli sviluppi sismici, ieri la presenza di migliaia di persone a «dire la loro» ha mostrato quanto sia in salita la strada per portare l’informazione social in una fase di maturità . 
Con l’hashtag #terremoto sono passate informazioni di tutti i tipi: utili, personali, poetiche. Comprese polemiche lontanissime dall’informazione «di servizio», ad esempio la decisione del segretario del Pd Pier Luigi Bersani di visitare la popolazione emiliana. 
La confusione non solo ha favorito la condivisione di notizie false, come la richiesta di donatori di sangue smentita poi dall’Avis (Associazione Volontari Italiani di Sangue), ma anche lo «sciacallaggio» aziendale: l’account di Groupalia, sito di sconti online, ha scritto: «Paura del #terremoto? Molliamo tutto e scappiamo a Santo Domingo!». 
Per un’ora l’idiozia di quel gesto ha monopolizzato la conversazione in Rete portando «GroupaliaIT» tra i temi più discussi su Twitter. Stessa sorte 
è toccata alle polemiche politiche, che in poco tempo hanno conquistato il dibattito.
Si chiama «content curation» la sfida da vincere sui social network: non si tratta solo di produrre informazione ma di saperla organizzare, curare, tagliare, indirizzare. Trovare l’hashtag giusto, verificare le notizie, marginalizzare le polemiche inutili e scremare la quantità  di notizie che rimbalzano da un account all’altro. Un’operazione utile ogni giorno, ma che nei momenti di tragedia diventa necessario. Anche per emanciparsi da quell’etichetta grossolana di «popolo della Rete», che tanto fa arrabbiare chi lavora per una Internet migliore.


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