LA VITTORIA DEL PASSAPAROLA

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È il caso letterario dell’estate. Con fiera “diversità ”, spicca come l’anomalia di una classifica dominata da thriller prevedibilmente hot e dall’erotismo ripetitivo e cauto della serie di una casalinga inglese. Guardiamo i numeri di Se ti abbraccio non aver paura, di Fulvio Ervas, pubblicato da Marcos y Marcos. Centocinquantamila copie vendute in poco più di tre mesi. Dodici edizioni e una permanenza di quindici settimane ai vertici della Top Ten. Successo in crescita continua, nel solleone estivo, grazie al passaparola. Traduzione in corso in sei lingue e diritti cinematografici già  acquistati da Cattleya. Il tutto in nome della cronaca di un viaggio in motocicletta, attraverso gli Stati Uniti e poi in America Latina, che un padre appassionato e intrepido, Franco, compie assieme al figlio autistico Andrea, un ragazzo dagli occhi dolcissimi che avanza nelle traiettorie del mondo tastando le pance delle persone e riempiendo i luoghi di disegni colorati. Con questo itinerario americano, il padre gli regala sogni, incontri e libertà , come volendo ossigenare le sue prigioni interne. Ne nasce un Rain Man estraneo ai pietismi e lanciato sulle rotte di Easy Rider, scandito come un diario di tempra iniziatica e pulsante d’energia vitale.
La storia è vera, e si sente: nella tensione secca della prosa, nella naturalezza di ogni gesto, nei dettagli privi d’artificio e in grado d’imprimere una nitida visibilità  al percorso. Ervas, che vive nella campagna di Treviso e insegna in un liceo, l’ha scritta dopo aver ascoltato i resoconti di Franco Antonello, che abita a Castelfranco Veneto. Andrea è un ragazzo di speciale bellezza (molte sue immagini, tra cui quelle ritagliate dall’avventura in moto col padre, sono accessibili nel sito andreaantonello.it). Oggi ha diciotto anni, ed è stato diagnosticato come autistico all’età  di tre. Comunica con i genitori tramite rapide frasi consegnate al computer. Riportati da Ervas, questi messaggi sono sintesi poetiche e guizzi di genio. Lo sguardo di Andrea sembra emergere dal fondo di bottiglie gettate in mari di silenzio: è come se esprimesse sostanze esistenziali ricche di significati di cui avevamo perso la memoria. “E’ stato Franco Antonello, che non conoscevo, a cercarmi per costruire il progetto”, riferisce Ervas, che prima di quest’exploit aveva firmato cinque gialli ambientati a Treviso: libri di tutt’altra temperatura, leggeri, esilaranti e acuti nel segnalare scivolate e vizi della provincia veneta. “Tornato in Italia dopo il viaggio col figlio, durato da luglio a settembre del 2010, Franco sentiva d’aver fatto qualcosa d’importante, degno d’essere narrato. Durante quella sua strana sfida, rivelatoria e complessa, aveva preso appunti pensando a qualcosa da far leggere in futuro agli amici, e sperava che io lo aiutassi a sistemarli. Ero restìo: se fai lo scrittore, ti trovi sempre davanti qualcuno che pensa di proporti una storia “eccezionale”. C’incontrammo in un bar, e lui prese a parlarmi e a mostrarmi foto. A un tratto, sul fondo, scorsi un ragazzo in punta di piedi che pareva svitare lampadine in cielo. Visione unica. Era come se stesse cento pianeti più in là . Agganciava gli sguardi. Fu l’apparizione di Andrea a spingermi ad accettare l’impresa”.
Come avete lavorato?
«Per undici mesi Franco ed io ci siamo visti ogni venerdì. Stavo per l’intero giorno ad ascoltarlo scrivendo in diretta, mentre lui commentava e si emozionava con me. Poi sono rimasto sopra al testo per un altro anno. Prima di mandarlo in stampa abbiamo riletto più volte il libro, correggendo, limando, asciugando… Eravamo in tre, chiusi in una stanza d’albergo per alcuni giorni: io, Franco e il mio editor di Marcos y Marcos. Dalle pagine non doveva affiorare nulla di sentimentalmente ricattatorio o vittimistico: su questo eravamo d’accordo fin dall’inizio. S’era chiarito subito che non ci sareb-
be stato spazio per le sviolinate».
Qual è la proporzione di fiction e autenticità ?
«Filtrata dallo scrittore, ogni cosa diventa fiction. Scrivendo non puoi esimerti dall’usare la tua sensibilità  e i tuoi scaffali d’immagini. Prendi l’informazione e la elasticizzi per renderla più riconoscibile, traducendola in una coordinata sulla quale ci si potrà  misurare per riflettere. Mentre vivi, le cose ti stanno addosso come un vestito: per questo non riesci a vederne lo spessore e a coglierne l’universalità . Nello sguardo esterno di chi scrive, invece, l’esperienza si fa oggettiva. C’è una sorta di misurazione del procedimento nella quale il narratore funge da cronometro».
Si è interrogato sui motivi del successo del libro?
«Di sicuro, almeno in principio, ha contribuito l’ampia visibilità  mediatica. Franco è stato invitato a partecipare a trasmissioni
televisive molto seguite: ha una presenza fortissima, che trasmette la sua onestà  e il suo amore genuino e positivo per il figlio. Poi sono state tante le ottime recensioni sui giornali. Ma ciò non basta a spiegare il fenomeno. Sul sito della fondazione di Franco, che si occupa di autismo (“I bambini delle fate”), sono arrivate ottomila lettere di ringraziamento. E ogni presentazione è incredibilmente affollata. Ne abbiamo fatte moltissime in giro per l’Italia, e ci sono innumerevoli richieste fino all’intero 2013. Nel libro dunque c’è qualcosa in più…».
Che cosa?
«Franco mi ha coinvolto nella sua narrazione, catturandomi nel profondo. Il lettore sente che lo scrittore sta sulla moto con quel padre e quel figlio. E leggendo si mette a viaggiare insieme a noi. Così alla fine, sulla stessa moto, stanno comode un sacco di persone. E poi Franco ci prova, cerca luce, il che piace alla gente in un momento di crisi come questo. Franco attraversa il dolore con la pila, illuminando là  dove il buio è invincibile e fitto. Non offre consolazioni e riscatti. Raccontare certe cose con lucidità  e coraggio consente a persone che vivono immerse in situazioni familiari terrificanti di avere un attimo d’immaginazione o di speranza».
Andrea si è reso conto di quel che sta rappresentando il libro che lei gli ha dedicato?
«Difficile relazionarsi con Andrea. Ha modalità  di comunicazione particolari. Assiste a qualche presentazione. Osserva. Ascolta tranquillo. Pare diventato più sicuro, più uomo, più fiducioso in se stesso. Gli chiedi: Andrea, come va la vita? Risponde: un po’ sì. Oppure: il mondo è bello. E’ sempre esatto, creativo e ottimista nelle sue risposte».


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