Bellocchio: “Sono stato sconfitto ma non accetto lezioni di cinema”

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ROMA. E il giudizio del pubblico era un valore sufficiente a superare la delusione di Venezia. Ieri mattina ci ha ripensato, ha parlato con tono niente affatto distaccato. Comincia con un dato di fatto — «Ho partecipato alla competizione e sono stato sconfitto. Questa è un’indubbia verità . Era nel conto». E continua: «Lamentarsi, no. Ora mi viene in mente un po’ scherzosamente di Charles Aznavour nella versione italiana e quel passaggio “la dignità  devi salvarla malgrado il male che tu senti, devi partir senza tornar…”».
Poi, e finalmente, recupera la vivacità  dell’autore, maestro nel raccontare la ribellione contro la stupidità  e l’ingiustizia: «La sola cosa che mi viene in mente è la critica, pare di un membro della giuria, rivolta al cinema italiano che sarebbe troppo provinciale, autoreferenziale, non si occuperebbe di temi universali. Ora io di questa imbecillità  ne ho piene le scatole. L’eutanasia, la tragedia o il dramma del fine vita sono forse un tema provinciale? Accetto la decisione della giuria (avendo accettato di partecipare al concorso) che ha giudicato secondo una sua idea di bellezza: i film premiati erano i più belli. Basta. Ma non ci vengano a dare lezioni su cosa gli italiani dovrebbero raccontare al cinema». E prosegue: «A rafforzare questo che sto dicendo mi pare che ci siano degli autorevoli giornali internazionali che hanno capito e apprezzato e riconosciuto la qualità  del mio film, come ho affrontato dei temi che sono comprensibili e che sanno emozionare anche un pubblico che non è italiano. Sto per andare a Toronto, uno dei festival più importanti del mondo, dove la presenza dei film italiani è numerosa e dimostra quindi che essi vengono apprezzati nelle vetrine internazionali. E poi Busan, Mosca, Londra, Rio, sono già  più di dieci i festival internazionali che hanno invitato il film….».
Del resto a smentire qualunque accusa di provincialismo basterebbe una scorsa alla stampa straniera. L’autorevole Time titola il resoconto finale della Mostra con “Viva Venezia! La celebrazione cinematografica più piacevole del mondo”, il Financial Times sottolinea il taglio eccentrico: “Dal super- trash psichedelico alla serissima esplorazione del tema dell’eutanasia, è tutto benvenuto alla Mostra”. Il tedesco Die Welt elogia il ritorno di Alberto Barbera “che ha messo in concorso alcuni veri gioielli” e la critica entusiasta di Le Monde a Bella addormentata, The Indipendent che definisce il festival “una cascata di qualità ”. Sulle scelte della giuria si è espresso ieri anche Alberto Barbera, che con il presidente Baratta ha tenuto il tradizionale incontro di fine Mostra. «Anche dopo Casnnes i francesi hanno discusso un mese accusando la giuria di non aver premiato un loro film ma Garrone. Io posso solo dire che il film di Bellocchio è piaciuto tantissimo, altrimenti non lo avrei messo in concorso». Barbera difende anche l’atteggiamento di Michael Mann, che avrebbe “zittito” il giurato Matteo Garrone, un atteggiamento «che mi era stato annunciato da lui stesso prima della conferenza stampa: “Impedirò a chiunque di fare domande ai singoli giurati per tutelare la privacy delle decisioni”, aveva detto».
Anche Garrone respinge il rimprovero di non aver sostenuto il cinema italiano: «Intanto due premi su otto ci sono. E non c’è uno dei miei colleghi giurati che sia d’accordo su tutti i premi che abbiamo assegnato. La giuria è un lavoro complicato, di insieme, non c’è niente di oggettivo. Con gli stessi 18 film un’altra giuria avrebbe magari fatto vincere il film di Mendoza che noi non abbiamo premiato». Quanto a Bella addormentata, «chiariamo che sono amico di Bellocchio e lo ammiro. Nell’esprimere delusione per un mancato premio all’Italia, siamo provinciali, perché un film in una giuria deve trovare più di un consenso, e non che potevamo metterci a leggere le recensioni o farci influenzare dagli applausi. Un festival è un po’ una lotteria, le decisioni sono di pancia, di gusti personali. E io sono stato solo uno degli otto giurati».
Come Barbera, che ha definito Michael Mann un giudice imparziale — «Ho seguito la giuria, è stata di una tranquillità  eccezionale, una giuria democratica e rispettosa. Mann non ha imposto nessun premio, anzi ne ha subito qualcuno » — anche Garrone parla di correttezza. Ma non deve avere vissuto un’atmosfera così tranquilla se la sua conclusione è «Non farò mai più il giurato soprattutto in un festival italiano». Quanto a Mann “sincero democratico”, chissà  che ne pensa chi alla Mostra ha subito i suoi capricci: dalla furia contro l’autista che non gli piaceva all’indignazione perché la giuria non aveva a disposizione un ascensore riservato.


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