In cella l’architetto del sistema Sesto «Soldi ai politici»

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MILANO — Uno e trino, Renato Sarno. Per sé, è un architetto di successo, ricco di trofei (ha lavorato anche per l’Onu) e consulenze, per esempio dalla Milano-Serravalle quand’era controllata dalla Provincia di Milano presieduta dall’ex sindaco di Sesto San Giovanni, Filippo Penati. Per l’ex vicepresidente pd del Consiglio regionale lombardo, Sarno è un amico e in passato un catalizzatore di contributi elettorali. Ma per il gip monzese Anna Magelli — che ieri ha arrestato Sarno per concorso (con l’allora direttore generale del Comune di Sesto, Marco Bertoli) nella concussione per induzione dell’imprenditore Edoardo Caltagirone nel 2009 —, l’architetto avrebbe indossato anche una terza casacca: «”Collettore” di tangenti per conto di esponenti politici di area di sinistra operanti nel territorio di Sesto», dai quali o tramite i quali «ha ricevuto incarichi professionali altamente remunerativi in relazione a grandi opere, verosimilmente fungendo da percettore di somme da “girare” poi almeno in parte ai funzionari pubblici dei quali egli era, a tal fine, il professionista di riferimento».
Tutto in continuità , per i pm Franca Macchia e Walter Mapelli, tra l’era Penati e la successiva amministrazione. Stesso schema e stessa area industriale dismessa in gioco, la ex Falck. A cambiare sarebbe stato solo l’imprenditore concusso: non più Giuseppe Pasini come all’inizio anni 2000, ma nell’ottobre 2009 Edoardo Caltagirone, fratello e socio di Francesco Gaetano, che, «trascorso un decennio dall’acquisto dai Falck dell’area Vulcano, non era ancora riuscito a costruire anche perché le sue pratiche erano continuamente osteggiate e comunque oggetto di gravissimi ritardi da parte dell’amministrazione comunale».
L’11 aprile scorso, Caltagirone racconta ai pm che nel 2009 il direttore generale del Comune guidato dal sindaco Oldrini, Marco Bertoli, «irrise apertamente il progetto» stilato dall’80enne architetto Paolo Portoghesi, e «consigliò di “togliere di mezzo il vecchione” e avvalersi di un giovane professionista ben inserito presso l’amministrazione comunale»: quel Sarno che Caltagirone si sarebbe rassegnato, seppure «con imbarazzo», ad affiancare a Portoghesi (poi uscito del tutto), e a pagare poi con un tangente mascherata da consulenza fittizia da 1 milione, dopo una respinta richiesta iniziale di 5 milioni (25 euro a mq. su 210.000 mq.). Finalizzata a ottenere «la condivisione da parte dell’amministrazione comunale» di una variante (poi non concretizzatasi), per i pm il lavoro reale di Sarno valeva 85.000 euro, invece il contratto fu da 1 milione (10 volte le tariffe professionali derogate), dei quali 300.000 versati da Caltagirone (ora non indagato perché ritenuto vittima di concussione) a Sarno, arrestato in quanto privato concorrente esterno nella concussione per induzione di Caltagirone operata dal dirigente comunale Bertoli (indagato ma per il quale i pm non hanno chiesto l’arresto).
La difesa, con l’avvocato Giovanni Briola, ribatte che la consulenza fu «effettiva e congrua, come dimostrano i dati già  in mano ai pm dal sequestro il 20 luglio 2011 del server di Sarno: 7.420 ore di lavoro, 7 professionisti, 2.275 file, 30 riunioni contro le 3 citate, 199 mail inviate».
Per i pm, invece, la versione di Caltagirone sarebbe riscontrata sia da Portoghesi sia da intercettazioni fatte dalla Guardia di finanza dei pm milanesi Pedio e Ruta nel 2010 all’inizio dell’indagine su Penati. In particolare una richiesta il 28 giugno 2010 dell’imprenditore Di Caterina a Penati di fare una telefonata a Bertoli, con Di Caterina che sbotta: «E chi la deve fare scusami…. la facciamo fare a Sarno, visto che le ha dato l’incarico sulle aree di Caltagirone». E una intercettazione tra Bertoli e Sarno preoccupati, per il gip, del «sottofondo del loro comune agire illecito» il 21 settembre 2010, con Bertoli che esorta «non farti sfuggire che ci parliamo…ovviamente non ci siamo parlati eeh», e Sarno che assicura «Assolutamente! Va bene».
La «contiguità  dell’architetto Sarno con esponenti politici di centro-sinistra» emerge, ricorda il gip, non solo nel sequestro della famosa pen-drive con una parallela contabilità  «black» e con i finanziamenti illeciti alla fondazione di Penati, «Fare Metropoli»; ma anche nella triangolazione nel 2008-2010 di una finta caparra immobiliare tra Di Caterina, Penati e il gruppo Codelfa-Gavio, «nella quale è l’architetto Sarno che provvede a consegnare a Di Caterina per conto di Penati l’assegno da 2 milioni emesso da Codelfa».
Si intuisce poi un fronte-rogatorie laddove il gip segnala nei conti di Sarno «numerosi pagamenti a favore di società  estere (in particolare a Neos Consulting Ltd che ha emesso corrispondenti fatture), che a loro volta hanno ritrasferito tali somme ad altre società  estere ubicate in paradisi fiscali (Beltomar Invest & Finance Inc., Olnor International sa, Wogan Finance Ltd), le quali sembrano operare quale mera struttura intermedia all’effettivo destinatario dei denari».
Luigi Ferrarella, Giuseppe Guastella


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