Social media week: innovazione, collaborazione, cambiamento

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A dare gli ultimi su Facebook e i suoi “fratelli” è stata la Social media week di Torino, cinque giorni di incontri, seminari, conferenze, laboratori per una manifestazione che si è svolta in contemporanea in altre dodici città  nel mondo, da Chicago a Bogotà  a Seoul, dal 25 al 28 settembre 2012. Si può cambiare il mondo? Quello che possono fare i social network è almeno – recitava lo slogan dalla SMW – “Empowering change trough collaboration”, dare forza al cambiamento grazie alla collaborazione. Ma la presentazione dell’evento si è spinta più in là : “I social media possono aiutare l’economia in un mondo che vive una delle più grandi crisi economiche e finanziarie dell’era moderna”. La creatività  orizzontale della rete contro la crisi. Il dinamismo dei nuovi modi di comunicare e, dall’altra parte, i giornali e tutto un settore editoriale in crisi. Innesti possibili? I social media come motore di sviluppo economico?

Intanto, per accedere a un modo nuovo di fare cooperazione internazionale e produrre cambiamento sociale la password è ICT4D. “Information and Communication Technologies for Development”, ovvero saper usare le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione per lo sviluppo. A esplorare questo universo durante la SMW è stata la testata Volontari per lo sviluppo, che ha presentato il nuovo programma di formazione online Ong 2.0 per chi lavora nel non profit.

Dall’advocacy, ovvero la sensibilizzazione e le campagne online a veri e propri progetti di cooperazione internazionale sono innumerevoli e ancora in gran parte inesplorate le possibilità  del web. “Le nuove piattaforme tecnologiche servono per promuovere una causa ma possono anche innescare dinamiche di crescita economica e cambiamento sociale” afferma Silvia Pochettino, direttrice di Vps. “Non basta però che il non profit sia presente in rete ma che si ripensi con i nuovi modelli che il web ci sta portando”. La dote di partenza non è male: il 93% delle associazioni italiane è presente sui social network, l’81% dei membri delle comunità  online partecipa a una causa sociale e il 98% delle organizzazioni con un profilo facebook ha una comunità  di oltre 8000 fan. Sono ancora poche però le realtà  che usano in modo innovativo e strategico le nuove piattaforme tecnologiche. “L’ICT4D nei Paesi in via di sviluppo è poco utilizzato dalle ong italiane, mentre quelle americane e inglesi sono all’avanguardia” afferma Gianluca Iazzolino, esperto di Itc e citizen journalism. Intanto nei Pvs gli utenti di internet sono raddoppiati dal 2007 ad oggi e in Kenya più della metà  della popolazione ha sperimentato il sistema di pagamento con il cellulare lanciato da Safaricom, il gigante della telefonia mobile dell’Africa sub sahariana.

Online si stanno sviluppando nuove forme di volontariato e partecipazione, e anche nuovi modelli di business. Da Wikipedia in poi il web 2.0 ha cambiato il modo di produrre conoscenza, che è sempre più collettivo. È cresciuta la voglia di partecipare, a una causa o a un progetto: Avaatz, il portale che fa campagne sociali per bloccare leggi ingiuste, su questioni ambientali o per difendere diritti umani esiste ormai in 14 lingue e raccoglie più di 10 milioni di persone. Non si limita però a incassare clicks: con le firme alla mano va poi a fare vera lobby fisica presso parlamentari e governi. Se è vero che l’81% delle persone online partecipa a cause sociali, la vera sfida è intercettare questa tendenza e trasformarla in reale cambiamento.

Ma davanti al computer si è soli, e la vera innovazione di internet è partire dal piccolo, dal singolo per creare cambiamento. È la filosofia di #cambiareilmondo, un progetto che invita singole persone a segnalare una propria azione o campagna che vuole cambiare in qualche modo, e in meglio, la realtà . A cambiare il mondo ci si può provare anche giocando. È il caso di Critical city, un “pervasive game” che permette di accumulare punti e vincere solo compiendo azioni reali nella propria città  che producano dei cambiamenti positivi. È il web che rompe i suoi stessi confini.

Emanuela Citterio


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