Pendolari, speculazioni e giovani senza casa: il Malpaese non cambia

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È un giornalismo che scopre sul campo i suoi valori e le battaglie da combattere, fino ad abbracciarne con forza una, quella per la conservazione del paesaggio di cui Emiliani, fondatore con Luigi Manconi nel 1997 del Comitato per la bellezza, è tra i migliori cronisti e divulgatori.
Il libro, che ripercorre l’attività  su testate fondamentali dello scrivere civile, dal mensile «Comunità » di Adriano Olivetti al «Mondo» di Mario Pannunzio, dall’«Espresso» di Arrigo Benedetti al quotidiano milanese «Il Giorno», fino ai sette anni passati alla direzione del «Messaggero», offre spesso il parallelo tra una prima inchiesta e la sua ripresa tempo dopo: un confronto che sottolinea tare immutabili del sistema Italia, come la condizione frustrante dei pendolari lombardi, nel 1962 come nel 2005, o l’irrisolto problema-casa per i giovani. Fiancheggiano le indagini, in un percorso autobiografico, gli incontri con le persone: da quello con Federico Fellini, con cui progetta una vacanza da sognatori che dai colli romagnoli vada al mare senza strade prefissate, a quelli con maestri del giornalismo come Camilla Cederna e Italo Pietra e con figure centrali nel discorso sul paesaggio, da Desideria Pasolini dall’Onda, cofondatrice di Italia Nostra, ad Antonio Cederna ritratto nella sua attività  politica.
La galleria di personaggi toccati è ampia, ma certo è che la curiosità  umana di Emiliani, nato a Predappio nel 1935, si è sempre orientata verso intellettuali coerenti e «irregolari», perché ascoltati dallo Stato a fasi alterne. Molti di loro sono protagonisti del saggio «Nel paesaggio piu anarchici che marxisti», che ripercorre i movimenti per la salvaguardia della natura. Una storia secolare che mostra come il territorio italiano sia stato all’avanguardia nell’idea di tutela, dai tempi della lettera del 1519 di Raffaello Sanzio, scritta con Baldassar Castiglione, nominato soprintendente delle antichità  di Roma da papa Leone X. Un inizio virtuoso, con altri episodi notevoli tra ‘800 e ‘900, ma con un finale legislativo che spaventa e lascia tristi. Da quando, nel 2001, gli introiti per le concessioni edilizie incassati dai Comuni possono essere investiti in spesa corrente (leggi: per far cassa) e non sono vincolati agli investimenti, la febbre edilizia e la «folle corsa all’autodistruzione del Belpaese» hanno ripreso vigore. Distruggendo quel paesaggio e quell’immagine che un turismo sensato, sul lungo periodo, saprebbe far fruttare.

Il libro: di Vittorio Emiliani, «Belpaese Malpaese. Dai taccuini di un cronista 1959-2012», Bononia University Press, pagine 435, 23


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