L’Italia va e chissà  quando tornerà 

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ROMA. La missione che l’Italia sta per intraprendere in Africa non sarà  breve né facile. A chiarire i termini dell’aiuto che il nostro Paese si è impegnato a fornire alla guerra francese contro le formazioni jihadiste sono stati i ministri Giulio Terzi e Giampaolo Di Paola intervenuti ieri davanti alle commissioni congiunte Esteri e Difesa di Camera e Senato. La crisi in Mali «avrà  tempi lunghi» ha avvertito il titolare della Farnesina, mentre Di Paola è stato ancora più chiaro nello spiegare le difficoltà  che l’operazione comporta: «La minaccia travalica i confini del Mali e rischia di coinvolgere una regione molto più estesa, compresa un’area che per noi riveste un interesse strategico», ha detto il ministro della Difesa. «La stessa missione addestrativa delle forze maliane decisa dall’Unione europea ha senso se l’offensiva dei ribelli viene interrotta, in caso di crollo ci sarebbe poco da addestrare».
Quindi per Di Paola sono almeno due i problemi che la Francia, e con essa l’Italia e l’Europa devono gestire: «La fase dell’emergenza, da affrontare oggi» e «un impegno a lungo termine» per il futuro. Punto quest’ultimo che, anche se i due ministri non lo dicono, sarà  uno dei primi problemi che il nuovo governo dovrà  affrontare.
Intervenendo ieri in parlamento, però, Terzi e Di Paola avevano un altro obiettivo: quello di ritornare a palazzo Chigi con in tasca «un forte consenso politico», come lo ha definito Terzi. Obiettivo che si è concretizzato a sera quando la Camera ha votato un ordine del giorno che impegna il governo, in rispetto a quanto previsto dalla risoluzione 2085 del Consiglio di sicurezza dell’Onu, a intervenire «per un periodo di due mesi, estendibile a tre», per fornire «un contributo di vettori aerei per il supporto logistico al trasporto di personale e di mezzi in Mali».
Partiranno dunque per l’Africa un primo gruppo di addestratori militari (da 15 a 24, parte dei 200 previsti dalla Ue), due aerei da trasporto C130 e un aereo 767 per il rifornimento in volo. Circa i costi dell’intervento è ancora tutto da vedere, così come dove il governo pensa di reperire i fondi necessari. Sempre ieri intanto la Camera ha dato il via libera definitivo al decreto che rifinanzia le missioni italiane all’estero con 935 milioni di euro per 9 mesi.
Di Paola ha spiegato come la presenza di formazioni hjihadiste nell’area non fosse una novità  per nessuno, ma allo stesso tempo nessuno si aspettava di trovarsi davanti un nemico così numeroso e ben armato: «L’intelligence – ha spiegato il ministro della Difesa – ci diceva che nel Sahel, in Mali e in quelle regioni stesse strategicamente maturando una presenza jihadista. La sorpresa è stata più sul piano tattico: colonne di 80 pick up con sopra ognuna una ventina di terroristi e con mezzi e strumenti venuti in abbondanza soprattutto dal sud della Libia».
Una situazione difficile, ha ribadito Terzi, per il quale l’intervento della comunità  internazionale serve a evitare che il Mali precipiti «in condizioni peggiori della Somalia e dell’Afghanistan».
L’Italia si allinea dunque a quanto già  deciso da Gran Bretagna, Spagna, Belgio, Germania e Danimarca che hanno già  dato disponibilità  di aerei per il trasporto di mezzi e truppe. Supporto logistico che Stati uniti hanno già  avviato da lunedì, come annunciato alla France Presse dal portavoce del comando delle Forze armate americane Chuck Prichard specificando che l’esercito americano ha cominciato a trasportare le truppe e gli equipaggiamento francesi verso il Mali. Da parte sua l’Unione europea ha invece sbloccato altri venti milioni di euro per gli aiuti umanitari in Mali. I soldi dovebbero essere destinati prevalentemente ai bambini vittime di malnutrizione, ai 150 mila sfollati vicini alle zone dove si combatte e ai 100 mila rifugiati in altri Paesi. «Faccio appello ad altri donatori ad agire rapidamente, perché le popolazioni sono indebolite da mesi di stenti», ha detto la commissaria agli aiuti umanitari Kristalina Georgieva.

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L’Onu: «Soluzione non facile»

Anche per l’Onu la guerra francese in Mali rischia di durare a lungo. Si tratta di un «momento cruciale nel conflitto in Mali, ma la soluzione è probabile che non sia semplice, né veloce», ha detto ieri il capo degli affari politici dell’Onu, Jeffrey Feltman, durante una riunione del Consiglio di Sicurezza sugli ultimi sviluppi della situazione nel Paese africano. Feltman ha avvertito inoltre che «le azioni militari devono essere coordinate con cambiamenti politici». Per il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon, l’intervento francese è «coraggioso» ma rischioso per il personale Onu.

In Africa •

In Africa. Si comincia con «due mesi, estendibili a tre» durante i quali invieremo 25 addestratori, due C130 e un aereo per il rifornimento in volo. Il governo chiede e ottiene il sostegno delle camere


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