Dal segretario contrattacco a Renzi

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ROMA — A dividere Bersani da Renzi sono ancora i soldi ai partiti e i toni ricordano quelli aspri delle primarie, quando il segretario e il sindaco duellavano sui finanzieri delle Cayman. Al Capranica l’aspirante premier parla ai 408 eletti del Pd, nomina una «troika» di ambasciatori per mediare con i partiti sulle cariche istituzionali e non risparmia colpi allo sfidante, che lo critica sulla linea e lo incalza sui costi della politica.
Renzi lo aveva ammonito a non adescare i grillini come nuovi «scilipoti» e Bersani respinge il sospetto, mostrando tutta la sua insofferenza: «Non si diffonda l’idea che siam qui ad andarci a cercare dei senatori e dei deputati… Non lo accetto, tantomeno se viene da qualcuno di casa nostra». Quel «qualcuno» sfida il segretario a viso aperto e lo fa toccando il nervo scoperto del finanziamento ai partiti. «Non c’è nessuna attività  di dossieraggio — assicura Renzi, riguardo al rapporto sugli sprechi del Pd anticipato dal Corriere — Le battaglie politiche uno le fa dicendo in faccia quello che pensa. È dalla Leopolda che propongo di abolire il finanziamento, dimezzare i parlamentari e rendere trasparenti tutte le spese». Il Pd costa troppo? «Quando metteranno online le spese, potrò rispondere».
Scontro duro. Il segretario che tira dritto sulla strada «strettissima» dell’accordo con Grillo, perché tanto «un’autostrada non c’è». E il sindaco, che pure promette di non pugnalarlo, non crede che il leader riuscirà  nell’impresa: «Io faccio il tifo perché Bersani ce la faccia, ma Grillo continua a dire di no e io non sono ottimista». E se il segretario fallisce? «Giocoforza si andrà  a votare». In consiglio comunale, a Firenze, il primo cittadino pronuncia parole indigeribili per Bersani. Dice che «c’è chi tenta di risolvere l’impasse con una trattativa fino all’ultimo giorno molto, molto discutibile». E al vertice del Pd il ragionamento arriva come una secchiata di acqua gelida. Ma ecco che il portavoce Marco Agnoletti aggiusta il tiro: «Renzi non ha mai detto “dal Pd trattativa discutibile”. Ha invece augurato ai suoi ex assessori neoeletti in Parlamento di svolgere bene il lavoro lontano da manifestazioni folcloristiche e da trattative discutibili». È in questo clima che il segretario parla al suo squadrone di deputati e senatori, affollato di volti giovani e nuovi. Prova a rincuorare gli animi e, su Grillo, sembra cambiare passo. Non smette di inseguirlo e però lo attacca: «Un novello principe in formazione non è mai sazio. Vuole tenersi le mani libere e non per l’Italia, ma per qualcosa che si chiama potere».
Con Grillo che chiede al Pd di rinunciare a 49 milioni di contributi elettorali, il tema dei finanziamenti è quello che più imbarazza e divide i democratici. E il livello della preoccupazione sta tutto in un tweet di Michele Emiliano: «Se non firmiamo siamo finiti». Bersani è pronto a discuterne, purché la riflessione «si leghi alla trasparenza». Il partito è spaccato, molti vogliono che i gruppi lavorino a proposte immediate. Donata Lenzi chiede al Pd di riflettere sull’autoriduzione degli emolumenti e Walter Tocci propone una commissione che studi come ridefinire lo status di parlamentare. Intanto Rosy Bindi afferma che nessuno dei suoi collaboratori, compresa la portavoce Chiara Rinaldini, «è mai stato dipendente del Pd o di altri partiti» e che gli stipendi dello staff la presidente li ha sempre pagati con le sue indennità .
Facce scure, animi tesi e i giornalisti lasciati bruscamente fuori dalla porta. Come dice Dario Franceschini i democratici sono «frastornati» e l’ex capogruppo li sprona, tra gli applausi, a dimostrare di essere più bravi dei grillini: «In Parlamento dovete entrarci a testa alta, perché è il tempio della democrazia e non un covo di privilegi della casta». Anche Lapo Pistelli si adopera per convincere i neoeletti che non saranno gli agnelli di una legislatura sacrificale: «Dare gratis una delle due Camere a uno che dice di voler aprire il Parlamento come una scatola di tonno? Ci penserei due volte». Applausi e un «bravo!» da Bersani, che aveva lanciato a Grillo un appello per una «corresponsabilità  degli incarichi istituzionali». Oggi entreranno in azione i tre ambasciatori — Luigi Zanda, Rosa Calipari e Davide Zoggia — ai quali il leader ha chiesto di mediare sugli incarichi più delicati, come la scelta dei questori e le presidenze delle Camere. E Laura Puppato spera: «Il filo con i grillini non si spezza…».


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