Maroni e i fischi a Tosi: il rebus delle espulsioni

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MILANO — «La contestazione nei miei confronti è stata microscopica, nemmeno significativa, fatta da quindici “pistola” che abbiamo identificato». Il giorno dopo Pontida, Roberto Maroni minimizza. Ma sottolinea l’identificazione che, con ogni probabilità , aprirà  la strada alle espulsioni: «I “pistola”, come noi li chiamiamo in Lombardia, in basso a destra, si sono messi per un po’ a fischiare. Subiranno le conseguenze di questo».
Eppure, il sentiero che il capo leghista si trova di fronte è tutt’altro che agevole. E se i suoi sostenitori continuano a sollecitarlo a riprendere in mano le ramazze verdi e a cacciare dal partito i contestatori, la questione è tutt’altro che banale e le espulsioni andranno valutate con saggezza: il rischio più immediato è che è che a poche settimane dalle elezioni amministrative per Vicenza e Treviso, il Veneto si trasformi in una polveriera. Del resto, ieri si è manifestato un segnale di cui Maroni dovrà  tenere conto. In visita al Vinitaly, il governatore lombardo avrebbe dovuto incontrare e visitare la fiera in compagnia non soltanto di Flavio Tosi, il segretario veneto destinatario della più robusta razione di fischi a Pontida, ma anche del governatore Luca Zaia. L’appuntamento non era ufficialmente in agenda, ma nei giorni scorsi la notizia era stata fatta circolare a più riprese. E invece, nonostante i tre fossero tutti presenti nello stesso momento all’esposizione, Luca Zaia non si è visto.
Il fatto è che Flavio Tosi, il golden boy del movimento in Veneto, sta rapidamente trasformandosi in un serio problema per il segretario leghista. Che, almeno ai fedelissimi, dice di non aver condiviso gli ultimi provvedimenti del segretario-sindaco. In particolare, quel commissariamento della Lega veneziana che qualche settimana fa ha visto alcuni leghisti in piazza per impedire fisicamente al commissario, il presidente della Provincia di Treviso, di entrare nei locali della sede veneziana. La risposta era arrivata in fretta: il segretario di Treviso Giorgio Granello, fedelissimo di Tosi, era stato sfiduciato da 11 componenti su venti della sua segreteria.
In più, ci sono le parole di Bossi sul sacro prato: la richiesta di congressi per il Veneto «dato che tanto ormai è tutto commissariato». L’argomento, per ora, è tabù. L’imminenza delle elezioni sconsiglia anche soltanto di parlarne. Eppure, si può fin d’ora giurare che la questione tornerà  a essere posta con energia.
Lui, Roberto Maroni, ne è consapevole. E difatti ieri ha parlato a più riprese della necessità  di serrare le file: «I problemi interni si risolvono con l’unità . Bossi ha detto che siamo tutti fratelli e questo è fondamentale». Eppure, chi ieri ha visto il fondatore della Lega lo descrive come assai nervoso. Preoccupato della «democrazia» interna al movimento, di cui ha parlato con tutti quelli che erano a tiro, e non particolarmente affettuoso nei confronti del suo successore. E a chi gli faceva notare che lui stesso, da segretario, avrebbe falciato senza pietà  coloro che avessero osato contestazioni a Pontida, ha risposto a muso duro: «Io sono io, Maroni è un’altra cosa». Un sentimento che il neosegretario forse terrà  in considerazione. Già  domani, infatti, per la Lega lombarda si prepara un passaggio delicato. Al consiglio nazionale potrebbe infatti approdare la richiesta di espulsione nei confronti di Marco Reguzzoni, bossiano di ferro ed ex presidente della Provincia di Varese. I suoi avversari portano come pezza giustificativa i duri commenti che l’ex capogruppo alla Camera ha pubblicato su Facebook nelle ultime settimane. Reguzzoni, tuttavia, domenica non era a Pontida. E dunque, Maroni potrebbe decidere con i suoi di non fare un martire dell’antico nemico.
Inoltre, alcuni dei contestatori hanno fatto circolare la notizia che intendono denunciare il gruppetto di Giovani padani con cui si sono fronteggiati sul pratone del giuramento. Un atteggiamento che trova eco nelle parole dell’ex deputata Paola Goisis, con ogni probabilità  in cima alla lista degli epurandi: «C’è una cosa che ha colpito moltissimo me e molte delle persone che mi erano vicine. È stato il comportamento dei Giovani padani che sono arrivati organizzati come una squadra, hanno iniziato a spingere e hanno messo in atto dei comportamenti violenti e minacciosi. Una cosa che in tanti anni di Lega non avevo mai visto». I primi nodi, in Veneto, verranno al pettine sabato, al consiglio nazionale. Ma Roberto Maroni nei prossimi giorni avrà  bisogno di molta saggezza.


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