Il centrosinistra parte in vantaggio La crisi dell’M5S

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ROMA — Con l’astensionismo alle stelle, tracollano i grillini. E si riaffaccia il bipolarismo. I grandi partiti, dunque, sono di nuovo due e nel rinnovato confronto tra Pd e Pdl sono in testa ovunque i candidati sindaco del centrosinistra che avrebbero già  vinto al primo turno in 4 capoluoghi di provincia su 16 (Vicenza, Sondrio, Massa, Pisa) e si avviano alla volata finale del ballottaggio in altre 12 città , con grande voglia di rivalsa soprattutto a Roma dove Ignazio Marino per ora distacca di 13 punti il sindaco uscente Gianni Alemanno.
Il dato più eclatante delle Comunali 2013 riguarda i 2 milioni 848 mila italiani che domenica e lunedì non hanno esercitato il diritto di voto attivo per scegliere il sindaco della propria città : su 6 milioni e 900 mila aventi diritto — in 564 Comuni di cui due capoluoghi di regione e 14 di provincia — si è recato al seggio un misero 62,38%, che significa 15 punti in meno rispetto alle Comunali del 2008 (accorpate alle Politiche) e 13 in meno sul dato delle elezioni del 24 e 25 febbraio 2013. La maglia nera dell’astensionismo spetta a Roma, dove ha votato appena un elettore su due (52,8%), con un crollo di 21 punti percentuali sulle precedenti consultazioni del 2008: nella Capitale ha pesato anche una scheda lunga un metro e venti che neanche poteva essere stesa all’interno della cabina.
Il secondo dato è tutto politico. Il «vaffavoto» teorizzato da Beppe Grillo si è rifugiato nel silenzio. Tanto che il M5S, in rotta un po’ in tutta Italia rispetto al trionfale 25% di febbraio, non va al ballottaggio in nessun capoluogo e solo a Roma, ad Ancona e a Pisa (considerando sempre soltanto i capoluoghi) supera di un soffio la soglia del 10%. Se soltanto Grillo e Casaleggio avessero mantenuto le medie di febbraio, il M5S avrebbe dovuto andare al ballottaggio in 10 capoluoghi (3 con il centrodestra e 7 con il centrosinistra). Invece i candidati cinque stelle scelti dalla Rete con poche migliaia di voti sono arrivati quasi sempre in terza posizione e addirittura quarti (dietro Rifondazione e Sel) a Siena, dove avevano puntato tutta la campagna sullo scandalo Monte dei Paschi.
Nel vuoto prodotto dal non voto e dal calo dell’elettorato del M5S, ha sostanzialmente retto il Partito democratico che mediamente, a spoglio non ancora ultimato, incassava il 25-26% al netto delle liste civiche. Percentuale più alta a Vicenza dove, con il 28,58%, il Pd trascina alla vittoria al primo turno il sindaco uscente Achille Variati, che distacca di molti punti la pasionaria della Lega Manuela Dal Lago (27,4%). Treviso (23,5%), Roma (26,4%), Siena (24,8%), Lodi (23,3%), Pisa (37,8%), Massa (23,7%), Brescia (27,5%), Ancona (26,6%): questa è la linea Maginot che ha tenuto nel passaggio più travagliato della storia del Pd. Più modesto il risultato di Barletta (19,6%) dove però l’ex consigliere per la stampa del capo dello Stato, Pasquale Cascella, ottiene il 43,6% dei consensi. Sulla scia dei buoni candidati individuati dal centrosinistra tiene e in alcuni casi avanza anche Sel.
Tutto da decifrare, invece, il cattivo risultato del Pdl che va letto insieme a quello ottenuto da una miriade di liste civiche. A Roma il Pdl si è fermato al 19,2% nonostante la chiusura della campagna elettorale sia stata affidata a Silvio Berlusconi. A Viterbo il bottino è magro (16,8%) ma qui c’è da registrare un lusinghiero 7,9% di Fratelli d’Italia. Ancona (10,5%), Brescia (14,4%), Lodi (8,5%, con un 9,8% della Lega), Barletta (10,4%), Vicenza (10,6% più un 11,5% della Lega), Isernia (11,8%): in tarda serata erano questi i dati sui quali doveva fare i conti lo stato maggiore del Pdl. Nella tenaglia Pd-Sel/Pdl-Lega c’è stato poco spazio per le altre forze: ad Avellino, però, il centrosinistra (25,7%) va al ballottaggio con il candidato dell’Udc (23%) lasciando al palo quello del Pdl (16,7%). A Roma, Alfio Marchini si è fermato al 9,4%: voti che, comunque, peseranno, eccome, nella sfida Marino/Alemanno.


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