L’ex sindacalista: un sì per spirito di servizio Senza porre condizioni

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ROMA — Guglielmo Epifani si era appena acconciato a fare un altro «mestiere»: il presidente di commissione. Ma ecco che il Partito democratico in debito di ossigeno si affida a lui: sarà  l’ex segretario della Cgil il traghettatore di questo Pd mal messo, di qui fino al Congresso d’autunno.
Epifani, come sempre, preferisce il basso profilo, e spiega: «Io ho accettato per spirito di servizio, del resto lo sapete come sono fatto». Lo si sa, effettivamente. E appena tutti — o quasi — gli hanno chiesto di prendere la guida del Pd, lui non ha fatto problemi, né avanzato richieste. Non è nel suo stile. «Non ho posto nessuna condizione… ma nemmeno me le hanno poste, a dire il vero». Ossia: nessuno gli ha chiesto di dire ufficialmente che si limiterà  a reggere la baracca nei mesi che separeranno il Pd dal Congresso. Magari oggi lo dirà , ancora una volta per spirito di servizio, non per altro.
«Del resto — dice l’ex leader sindacale — lo si sa come ragiono. Da subito ho pensato che l’unica strada potesse essere quella dell’accordo con il Pdl per un governo. E detto da me, che ho fatto ore e ore di sciopero contro Berlusconi… avrà  un senso che non è l’inciucio. Adesso questa è l’unica chance che abbiamo e non possiamo sprecarla per giochetti di partito o interessi personali. Il governo è la nostra strada: se saremo in grado di dimostrare che riusciamo a fare qualcosa per gli italiani, ci risolleveremo».
Ha l’aria di chi quasi si vergogna, Epifani, però poi un luccichio negli occhi accompagna il lungo elenco di quelli che lo hanno chiamato, dei Pd che gli hanno chiesto di accettare il ruolo di traghettatore. «Ho parlato con tutti, ho ricevuto sms da tutti. Ho sentito Walter Veltroni, Orfini, ovviamente Bersani. Mi ha chiamato la Bindi. E ho ricevuto un sms da D’Alema di appoggio. È stato impressionante il numero di persone che ha voluto farmi sapere che tutto andava bene, che c’era bisogno di me…».
Ed Epifani è stato l’unico, ma veramente l’unico e il solo parlamentare del Partito democratico, che in questi giorni difficili per il Pd, con i lavoratori e i manifestanti perennemente a protestare davanti alla Camera dei deputati, che è uscito in piazza a parlare con chi fischiava e urlava, senza ricevere insulti, invettive o fischi. E, ancora, è stato uno dei pochi ad ammettere che il Pd ha dei problemi, perché «esistono due filoni culturali e politici diversi che cercano di vivere sotto lo stesso tetto, e non è facile».
«Aiutatemi», dice ora Epifani, con un sorriso gentile, rivolgendosi ai giornalisti e agli impiegati del partito che lo assisteranno in quest’opera assai difficile. «Questo governo è la nostra unica chance», ribadisce fino alla nausea il traghettatore. Poi fa un pausa, un sospiro e cerca di scappare via dal palazzo di Montecitorio dove, suo malgrado, si è trovato a dover affrontare cronisti e curiosi: «Lo sapete come sono fatto, vado avanti fino in fondo, e lavoro senza nessun problema». Già , ed è proprio per questo che alla fine ha messo d’accordo tutti. Perché toccherà  a lui dimostrare che «si può governare con Berlusconi, in uno stato di necessità , senza dimenticare i deboli, i lavoratori, i giovani disoccupati e le tensioni sociali». Tocca a Epifani, adesso, dimostrare che il Pd può coniugare l’azione di governo — con Berlusconi — con il suo programma, senza dimenticare che «c’è chi lotta, lavora e soffre».


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